Tomb Raider e la realtà – Tomb Raider: The Angel of Darkness

La saga di Tomb Raider ha fatto conoscere alle nuove generazioni città perdute, civiltà scomparse e misteri: ma qual è la realtà che si cela dietro la serie? L’obiettivo di questa sezione è proprio quello di esplorare le realtà storiche, culturali ed artistiche che si nascondono dietro le ambientazioni e gli scenari che ci vengono proposti nel corso delle diverse avventure dell’amata Lara Croft. In questa pagina sono analizzate le corrispondenze di Tomb Raider AoD nella realtà.

Cafè Metrò

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 Una caffetteria, o più semplicemente caffè (francese/portoghese: café, spagnolo: cafetería, inglese: café o coffee house, tedesco: café o kaffeehaus, turco: kahvehane), è un locale che serve essenzialmente caffè ed altre bevande calde. Esso ha alcune caratteristiche comuni sia ad un bar che ad un ristorante. Come suggerito dal nome la sua funzione essenziale è quella di servire caffè, tè e altre bevande come tisane, oltre che dolci da accompagnare alle bevande come biscotti, paste secche e piccole paste salate. In molte caffetterie nel mondo islamico, e nei quartieri arabi di alcune capitali occidentali, viene offerta la shisha, polvere di tabacco fumata tramite il narghilè. Nei paesi in cui è consentito, Olanda e specialmente Amsterdam, può essere fumata anche la cannabis. 

Dal punto di vista culturale, i caffè sono dei centri di intrattenimento sociale in cui persone o piccoli gruppi possono, conversare, leggere, ascoltare musica passando il tempo piacevolmente. 

Sin dal XV secolo, le caffetterie (al-maqhah in arabo, qahveh-khaneh in persiano e Kahvehane o kiraathane in turco) hanno assolto la funzione di luogo di intrattenimento socializzante nelle regioni del medio oriente dove gli uomini si riunivano per consumare caffè o tè, ascoltare musica, leggere, giocare a scacchi o a backgammon e per ascoltare narrazioni dal Mu’allaqat o dallo Shahnameh. Nel 1457 venne aperto il primo locale del genere, il Kiva Han, ad Istanbul quattro anni dopo la conquista ottomana. Alla Mecca, questi locali (il primo vi fu aperto nel 1500) divennero sede di dibattiti politici e fonte di preoccupazione per gli imam che li vietarono dal 1512 al 1524. Nel 1530 venne aperto il primo locale a Damasco e poco dopo vennero aperti numerosi locali anche a Il Cairo. 

Nel XVII secolo il caffè apparve per la prima volta in Europa al di fuori dell’Impero Ottomano, e vennero presto aperte diversi caffè che divennero subito molto popolari. Il primo locale di questo genere venne aperto a Venezia, in funzione dei traffici commerciali esistenti fra la Serenissima ed il mondo Ottomano. Il primo locale di cui si ha notizia fu aperto nel 1645. In Inghilterra vi arrivò circa cinque anni dopo e la prima coffee house venne aperta a Oxford da un ebreo di nome Jacob nell’edicicio ora conosciuto come “The Grand Cafe”. Una targa posta sulla parete commemora ancora oggi questo evento. Il locale Queen’s Lane Coffee House, aperto nel 1654, esiste ancora ai giorni nostri. A Londra, la prima coffee house venne aperta nel 1652 in St Michael’s Alley a Cornhill. Il proprietario era Pasqua Rosée, un servo armeno di un commerciante turco di nome Daniel Edwards, che importava il caffè e che collaborò all’apertura del locale. Boston ebbe la sua prima coffee house nel 1670 e Pasqua Rosée aprì anche il primo locale a Parigi nel 1672 e tenne l’esclusiva fino a quando Francesco Procopio dei Coltelli aprì il Café Procope nel 1686. Questo locale esiste ancora oggi e fu il più famoso luogo di incontro dell’Illuminismo; Voltaire, Rousseau e Diderot lo frequentarono e qui avvenne, molto probabilmente, la nascita della Encyclopédie, la prima enciclopedia dell’era moderna. 

Sebbene Carlo II tentò di sopprimere le coffee house a Londra in quanto diventate “luoghi dove gli scontenti si incontrano e tengono scandalosi discorsi sull’operato di Sua Maestà e dei suoi Ministri”, la gente continuò a frequentarli sempre in maggior numero. Essi ebbero la funzione di grande livellatore sociale, in quanto venivano frequentati da gente appartenente a tutte le classi, e consentirono la diffusione di idee di egualitarismo e repubblicanesimo. In particolare esse divennero luoghi d’incontro per discutere di affari, scambio di notizie e per la lettura della London Gazette, giornale contenente gli annunci governativi. I Lloyd’s di Londra ebbero la loro origine in una coffee house gestita da Edward Lloyd, dove i sottoscrittori di assicurazioni sulle spedizioni navali, si incontravano per discutere i loro affari. Nel 1739 si contavano ben 551 coffee house nella sola città di Londra. Ognuna di esse richiamava una determinata categoria di frequentatori come ad esempio i simpatizzanti dei Tory e quelli del Whig, operatori di borsa, mercanti, avvocati, librai, scrittori, e abitanti della City of London. Secondo quanto scrisse il francese Abbé Prévost, i caffè erano luoghi “dove ognuno aveva il diritto di leggere tutti i giornali, filo e anti governativi, e dove era di casa la libertà inglese”. 

Il divieto di frequentazione alle donne non fu uguale dappertutto ma sembra che fosse abbastanza comune in tutta Europa. In Germania era loro consentita la frequentazione ma in Francia ed in Gran Bretagna era loro vietato frequentare questi locali. Émilie du Châtelet sostenne che le prostitute lottarono per ottenere l’ingresso nelle coffe house di Parigi. In una famosa incisione di un caffè parigino del 1700 circa, i gentiluomini appendono i loro cappelli e siedono in un tavolo comune depositandovi sopra carta e penna. Le tazze per il caffè erano disposte sul camino dove era appeso un grosso paiolo di acqua bollente. L’unica presenza femminile nel locale era data da una ragazza sita in una cabina, munita di baldacchino, che serviva il caffè in capienti tazze. 

Una storia tradizionale sull’origine delle coffe house a Vienna inizia con un misterioso sacco di fagioli verdi lasciato sul campo di battaglia dai turchi quando vennero sconfitti nella Battaglia di Vienna nel 1683. Tutti i sacchi di caffè trovati vennero dati al vittorioso re di Polonia Giovanni III, che, uno alla volta, diede ad un suo ufficiale di nome Jerzy Franciszek Kulczycki. Kulczycki aprì la prima caffetteria a Vienna con quella scorta avuta dal suo sovrano. Comunque è oggi appurato che il primo locale venne aperto da un mercante armeno di nome Johannes Diodato. 

A Londra, le coffee house precedettero i club per gentiluomini creati dalla metà del XVIII secolo e che tanto spazio hanno avuto nella letteratura dei secoli seguenti. Essi finirono con l’entrare in concorrenza con le coffee house sottraendo loro i frequentatori appartenenti alle classi superiori ed alla nobiltà. La Jonathan’s Coffee-House nel 1698 presentò una lista delle merci che evolse poi nel London Stock Exchange. Vendite all’asta realizzate in sale annesse alle coffee house diedero vita alle case d’aste Sotheby’s e Christie’s. Nell’Inghilterra Vittoriana, il temperance movement realizzò delle coffee house per la classe operaia allo scopo di dare a queste persone una valida alternativa di relax rispetto alle bevande alcooliche servite nei pub. 

Negli Stati Uniti, sorsero dei negozi per la vendita del caffè espresso e delle paste, impiantati dalla comunità italo-americana immigrata nelle maggiori metropoli statunitensi quali New York City (Little Italy e Greenwich Village), Boston (North End) e San Francisco (North Beach). Sia Greenwich Village che North Beach sono stati i maggiori centri della Beat generation, che si identificò con questi locali. A seguito dell’evoluzione della cultura giovanile negli anni sessanta, anche imprenditori non italiani copiarono questo tipo di attività. Prima della nascita della catena Starbucks a Seattle, altri operatori della costa del Pacifico avevano sviluppato questo tipo di controcultura del caffè che Starbucks standardizzò e diffuse in tutto il mondo. 

Dalla fine degli anni cinquanta in poi, negli Stati Uniti, le coffee house divennero delle vere e proprie sale da concerto popolari dove un cantante, accompagnandosi col la sua chitarra, cantava musica folk. Questo fu possibile per la facilità di sistemare un singolo esecutore anche in una piccola sala; la natura politica delle canzoni degli anni sessanta fece poi sì che questi momenti ricreativi si associassero ad un vero e proprio movimento politico. Importanti artisti come Joan Baez e Bob Dylan iniziarono la loro carriera esibendosi in questi locali. Il cantante blues, Lightnin’ Hopkins deplorò la scarsa applicazione della moglie alle attività domestiche attribuendola alla eccessiva frequentazione delle coffee house, nella sua canzone del 1969 dal titolo emblematico di Coffeehouse Blues. 

Dagli anni sessanta alla metà degli anni ottanta, molte chiese degli Stati Uniti aprirono delle coffee house per incrementare il numero dei loro fedeli. Esse venivano realizzate di fronte a grandi magazzini ed avevano nomi emblematici come The Gathering Place, The Lost Coin (New York City) e Jesus For You (Buffalo). Al loro interno venivano eseguiti canti a tema cristiano accompagnati dalla chitarra, veniva servito caffè con dolci ed erano realizzate letture della Bibbia ad un livello accessibile a persone di cultura e credo diverso, capitate li per caso. Questi locali avevano comunque in genere vita breve, circa tre o cinque anni al massimo di media. Un libro mai pubblicato, intitolato A Coffeehouse Manual, serviva come guida per le coffee house cristiane e comprendeva una lista di possibili nomi da dare ai locali di nuova apertura. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Chiesa di St. Aicard

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 Un nome un po’ particolare per una chiesa.
Vi sono alcune ipotesi sull’origine del nome: potrebbe essere un elogio a Jean Aicard. 

Jean François Victor Aicard (Tolone, 4 febbraio 1848 – Parigi, 13 maggio 1921) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo francese. 

Suo padre, Jean Aicard, era un giornalista di talento; il figlio cominciò la propria carriera letteraria nel 1867 con la raccolta poetica Les Jeunes Croyances, seguìto nel 1870 da un testo teatrale da un atto messo in scena al teatro di Marsiglia. 

Fra le sue raccolte poetiche: Les Rébellions et les apaisements (1871); Poèmes de Provence (1874) e La Chanson de l’enfant (1876), entrambe le quali vennero premiate dall’Académie; Miette et Note (1880), idillio provenzale; Le Livre d’heures de l’amour (1887); Jésus (1896). Fra i suoi testi teatrali, quello di maggior successo fu Le Père Lebonnard (1890), in versi, che fu originariamente messo in scena al Théâtre Libre. Fra i suoi altri lavori vi sono i romanzi Le Roi de Camargue (1890), L’ibis bleu (1893), L’Âme d’un enfant (1898), Tata (1901), Benjamine (1906), Maurin des Maures (1908) e La Vénus de Milo (1874), resoconto della scoperta della statua da documenti inediti. 

Stando a quanto sosteneva Léon Daudet, possedeva un talento nel recitare versi tale da trasformare qualsiasi poesia, anche mediocre, in un capolavoro effimero. Rimbaud non fu insensibile al suo fascino, giacché è noto l’episodio in cui egli marcava con la parola di Cambronne ogni verso di una poesia che Jean Aicard recitava. A questo poeta, tuttavia, è dedicato Les effarés. 

Venne eletto membro dell’Académie française nel 1909. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Erborista del Salice

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 L’erboristeria è un’antica arte che si occupa della conoscenza delle piante (erbe, piante medicinali, officinali, aromatiche e spezie), della loro coltivazione, raccolta, conservazione e commercio a scopi terapeutici (fitoterapia, galenica tradizionale), cosmetici o nutritivi. 

Sin dalla notte dei tempi le erbe venivano raccolte e preparate per sostenere il benessere e la salute dell’uomo. 

Inoltre, la loro presenza all’interno di antiche tombe è un indizio che a loro venivano attribuiti poteri magici e soprannaturali: in Iraq, all’interno di un sarcofago di 60.000 anni fa si sono trovate 8 diverse piante medicinali e ancor oggi gli sciamani dell’Amazzonia e i guaritori della Steppa assumono costantemente allucinogeni (ad esempio l’Amanita muscaria), preparano decotti, impacchi, unguenti e pozioni per curare i malati. La conoscenza riguardo ai trattamenti era trasmessa da una generazione all’altra. Fu nel 3000 a.C. che comparvero i primi scritti; il più antico è il Papiro Ebers che elenca molte piante, consigli per un loro utilizzo adatto, incantesimi e magie. Nel IV secolo a.C. Aristotele sosteneva che le piante possedevano un’anima; fu con Ippocrate (460 a.C.) che la scienza cominciò a separarsi dalla magia. Col passare dei secoli il fiorire del commercio portò la ricchezza di nuovi studi e nuove conoscenze. 

Oggi si possono distinguere, fra le altre, tre grandi tradizioni fitoterapiche: 

La tradizione popolare del mondo occidentale, basata sull’esperienza greca e la romana;
La antichissima tradizione ayurvedica indiana;
La medicina tradizionale cinese. 

Questo patrimonio culturale, iniziato con l’uso sperimentale delle piante da parte delle popolazioni primitive, è utilizzato dalla scienza moderna che, con i suoi mezzi di ricerca atti ad isolare i principi attivi e ad individuare i meccanismi d’azione delle erbe, ha determinato la nascita di una “nuova erboristeria”. 

L’erboristeria tradizionale era prerogativa delle casalinghe. Esse coltivavano spezie ed erbe medicinali nei loro orti o le raccoglievano allo stato selvaggio. Le usavano fresche o le conservavano seccandole; oppure estraevano le sostanze mettendole in infusione in vino o grappa. Preparazioni galeniche sofisticate venivano preparate da persone specializzate o farmacisti. I loro fornitori erano erboristi che per lo più raccoglievano erbe allo stato selvatico. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Il Louvre

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 Nato nel 1793, il Louvre è uno dei primi musei europei, dopo l’Ashmolean Museum di Londra (1683), la Gemaldegalerie di Dresda (1744) e i Musei Vaticani (1784). Oggi è un’istituzione che riveste un ruolo fondamentale nella vita culturale francese e internazionale. L’insieme dei sette dipartimenti in cui è suddiviso documenta l’evoluzione dell’arte antica presso le civiltà del Mediterraneo e di quella europea dall’alto medioevo alla prima metà del XIX secolo. La sua storia è strettamente legata a quella della Francia, alle vicende politiche e alle trasformazioni che hanno caratterizzato il paese. 

L’edificio che lo ospita nasce alla fine del XII secolo, in concomitanza con il consolidarsi della nazione per opera dei suoi re “cristianissimi”. Nel 1190 Filippo Augusto (1180-1223) ordina la costruzione del torrione e della fortezza del Louvre, in un’area che corrisponde al quarto sud-ovest dell’attuale Cour Carrée. I resti di questa fortezza, successivamente ampliata, sono riemersi nel corso dei recenti lavori di scavo che hanno preceduto la realizzazione del Grand Louvre, e fanno ora parte del percorso di visita. 

L’antico edificio medievale, progressivamente ingrandito, subisce una trasformazione profonda nel XVI secolo per volere di Francesco I (1515-1547), che decide l’abbattimento del torrione e la ristrutturazioone del castello. Sotto l’egida regale ha inizio anche la genesi delle collezioni, formatesi intorno al nucleo delle opere dei grandi maestri del Rinascimento italiano prediletti da Francesco I, sistemate nel castello di Fontainebleau fino alla metà del XVII secolo. 

L’ampliamento e la decorazione del Louvre intanto proseguono e nel 1594 Enrico IV (1589-1610) stabilisce di unire l’edificio alle Tuileries, il palazzo fatto da costruire da Caterina de’ Medici fuori dalle mura di Parigi, attraverso la Grande Galerie, creando un unico, gigantesco complesso. Nel secolo XVII, durante i regni di Luigi XIII e di Luigi XIV, gli architetti Le Mercier e Le Veau edificano le ali nord e sud della Cour Carrée, quattro volte più vasta del precedente cortile rinascimentale, e un gruppo di architetti, diretti da Claude Perrault, costruisce la Colonnade, la facciata est del palazzo, al cui stile si accorda quello della facciata sud. 

Nel 1674 i lavori si interrompono e quattro anni dopo il sovrano e la corte si trasferiscono a Versailles. Nonostante questo, durante il regno del re Sole (1643-1715) – che riprende con magnificenza la tradizione iniziata da Francesco I – la raccolta reale si arricchisce di capolavori, grazie soprattutto a due acquisizioni spettacolari: quella di buona parte della galleria del cardinale Mazzarino e quella della collezione del banchiere Jabach. La collezione dei quadri del re, organizzata come un vero museo e riunita all’inizio del regno al Louvre e nell’attiguo Hotel de Gramont, si disperderà progressivamente nelle varie residenze reali. Durante il regno di Luigi XV (1715-1774), malgrado Parigi sia diventata uno dei centri del mercato d’arte europeo, la collezione reale si accresce solo di qualche decina di quadri stranieri, prevalentemente fiamminghi e olandesi, acquistati alla successione del principe di Carignano (1742). È tuttavia in questo periodo che nasce l’idea di un ‘palazzo delle Muse’, nel quale radunare e rendere visibili al pubblico le collezioni reali. 

A partire dal 1725 e fino al 1848, nel Salon Carré del Louvre si tiene l’esposizione dell’Académie Royale de Peinture et de Sculpture, esposizione indicata da questo momento con il nome di ‘Salon’ Nel 1750 una scelta di quadri della collezione reale viene esposta in un apparrtamento del palazzo del Lussemburgo, aperto contemporaneamente alla Galerie Medici con la serie di tele dipinte da Rubens, due volte la settimana per mezza giornata. Si tratta di un embrione di museo, antenato del Louvre, che rimane accessibile fino al 1779, L’esigenza di rendere pubbliche le collezioni di opere d’arte si precisa sempre più, e il ruolo del museo nella società civile si evolve secondo un’accezione sempre più vicina a quella moderna. Nel secolo dell’Encyclopédie si pensa a un insieme di opere rappresentative delle diverse scuole di pitttura, così come erano conosciute e apprezzate a quei tempi, rivolgendosi per quanto riguardava le collezioni straniere principalmente ai fiamminghi e agli olandesi del XVII secolo. 

Il progetto di un museo nella Grande Galerie comincia a prendere forrma durante il regno di Luigi XVI (1774-1792) e nel 1784 il pittore Hubert Robert, responsabile delle collezioni del re, è incaricato del suo allestimento. Con la rivoluzione Francese , la galleria ‘reale’ diventa ‘nazionale’ e mentre si requisiscono opere nelle chiese, nei conventi e nelle dimore degli esiliati, alle quali si aggiungono quelle appartenenti all’Académie Royale, una commissione di artisti prepara l’apertura del Musée Central des Arts, inaugurato nell’estate del 1793 sotto la Convenzione. L’enorme raccolta, sistemata in diversi depositi e al Louvre, è solo agli inizi: gli eserciti vittoriosi della repubblica e poi dell’impero requisiscono in tutta Europa le opere d’arte più prestigiose appartenenti a collezioni principesche, chiese e conventi. Nel luglio 1798 arrivano a Parigi capolavori provenienti dall’Italia e il gran numero di oggetti impone una riorganizzazione, del museo, inaugurato nel 1800. 

Per un breve periodo, sotto la direzione di Vivant Denon – che intende farne un tempio destinato ai cittadini dell’Europa imperiale, come testimonianza dei progressi morali e intellettuali nati dalla rivoluzione – prende il nome di Musée Napoléon (1803-1815). Vi dominano, quale splendido bottino di guerra, le opere del Rinascimento e del Seicento italiano, di artisti fiamminghi e olandesi del XVII secolo, ma anche di primitivi italiani e fiamminghi, che emergono allora dall’ombra, e di pittori del Rinascimento tedesco. Ai trionfi dell’impero è dedicato l’Are du Carrousel, accesso monumentale alle Tuileries, eretto da Percier e Fontaine, i due architetti incaricati anche di realizzare l’ala nord lungo Rue de Rivoli. Con la restaurazione il patrimonio requisito torna in gran parte alle rispettive città di provenienza, commissari inviati da tutti I paesi riprendono più di cinquemila opere d’arte e il Louvre viene a trovarsi notevolmente depauperato; lo smantellamento del Musée Napoléon non gli sarà tuttavia fatale. Le raccolte dipendono adesso direttamente dalla liste civile, la somma corrisposta annualmente al sovrano; Luigi XVIII conserva un numero di opere requisite nelle case degli emigrati e nelle chiese e il museo è considerato una grande istituzione nazionale. Si intraprende una vivace politica di acquisizioni: sculture rinascimentali e contemporanee (1824), opere egizie raccolte da Jean-François Champollion (1826), la collezione spagnola di Luigi Filippo e antichità assire provenienti dagli scavi di Paul-Emile Botta (1847). Nello stesso tempo si studiano nuove soluzioni espositive, di cui offre oggi testimonianza il Musée Charles X, inaugurato nel 1827, i cui soffitti sono decorati con vaste composizioni che illustrano i maanufatti egizi e di arte antica esposti nelle sale. La politica di accrescimento prosegue con la Seconda Repubblica del 1848 – breve stagione (1848-1851) in cui si progetta di fare del Louvre un ‘Palazzo del Poopolo’ consacrato alle scienze e alle arti che include il museo, la Biblioteca nazionale e alcuni saloni da esposizione – e con il Secondo Impero: le collezioni si espandono, introducendovi l’arte etrusca, della Grecia arcaica e dell’antico Oriente. Il Secondo Impero (1852-1870) rappresenta uno dei momenti più significativi per la struttura architettonica e l’inserimento del Louvre nel contesto urbano: il barone Haussmann demolisce i vecchi quartieri che lo univano alle Tuileries, palazzo che sarà poi abbattuto nel 1883 a seguito di un incendio, aprendo così la prospettiva dall’Are du Carrousel a quello dell’Étoile. Si costruisce il ‘nuovo’ Louvre (1857) e i due edifici simmetrici, tra i quali si estende la Cour Napoléon, sono collegati a nord da un insieme di costruzioni che chiudono il quadrilatero. 

Le nuove ali formano vaste corti e permettono la sistemazione di grandi sale a illuminazione zenitale. Nell’enorme complesso vengono allestiti immensi saloni dedicati alla pittura, per i quali si effettuano allcune importanti acquisizioni. Si gareggia con le più grandi istituzioni museali e i collezionisti d’Europa e degli Stati Uniti per assicurarsi opere destinate a riempire i vuoti delle collezioni, in conformità con le nuove prospettive aperte dalla storia dell’arte, divenuta nel frattempo una vera e propria disciplina. Nel 1863 l’acquisto di una parte della collezione Campana fa entrare al Louvre un centinaio di pannelli italiani del XIV e XV secolo; nel 1869 il lascito della collezione La Caze significa un apporto straordinario di opere francesi del XVII e sopratttutto del XVIII secolo. Scuole da poco riscoperte o da sempre apprezzate vengono integrate con nuovi apporti: dipinti spagnoli, inglesi, italiani del XVIII secolo. 

Con la proclamazione della Terza Repubblica (1870-1944), cessa l’ambiguità dovuta all’esistenza di un museo dipendente dalla lista civile del sovrano. Il Louvre diventa definitivamente un museo nazionale. Nel 1895 nasce la Réunion des Musées Nationaux, un organismo inteso a finanziare gli acquisti, nel 1897 è fondata la Societé des Amis du Louvre, un gruppo di sostenitori privati. Entrambi sono destinati a esercitare un ruolo assai rilevante nella gestione e nella formazione del patrimonio museale. 

Durante il XIX secolo l’attenzione dei conservatori e degli estimatori francesi nei confronti dell’arte contemporanea si rivolge quasi esclusivamente a esponenti della pittura nazionale, sia nelle correnti uffiiciali sia in quelle d’avanguardia, trascurando gli artisti e le scuole stranieri. L’orientamento muta solo alla fine del secolo, con l’acquisto di opere di artisti europei e statunitensi, oggi esposte al Musée d’Orsay. Nel XX secolo l’espansione del Louvre è stata costante. L’accrescimento delle collezioni è avvenuto attraverso nuove acquisizioni e per merito di numerosi lasciti e donazioni, ulteriormente stimolati dalll’entrata in vigore, nel 1972, della legge che permette il pagamento dei diritti di successione per mezzo delle opere d’arte. Il rinnovamento delle strutture museali ed espositive è avvenuto di pari passo. 

Negli anni Settanta emerge con sempre maggiore chiarezza come l’aumento dei visitatori e quello delle opere esposte renda urgente il trasferimento delle opere posteriori al 1848 nel Musée d’Orsay, creato sulla riva opposta della Senna e inaugurato nel 1986. 

Il Louvre deve a sua volta essere sottoposto a una radicale trasformazione, allo scopo di facilitare l’accesso di un maggior numero di visitatori possibile e di creare strutture museali all’avanguardia. 

La riorganizzazione generale delle sale – iniziata già alla vigilia della seconda guerra mondiale e continuata nel dopoguerra – culmina nel 1984 con l’avvio dei lavori per il Grand Louvre. 

Questo progetto, giunto a termine con il nuovo millennio, ha riqualiflcato l’intera superficie, estesa su oltre quaranta ettari, di cui circa sessantamila mq occupati da sale espositive. Gli spazi destinati ai servizi tecnici, scientifici e amministrativi sono stati quintuplicati, quelli destinati all’accoglienza e ai servizi per i visitatori sono aumentati di tredici volte. Il simbolo del rinnovamento è la piramide di vetro, inaugurata nel 1989, che s’innalza al centro della Cour Napoléon. Progettata dall’architetto Leoh Ming Pei, segna l’ingresso principale al museo; attraverso di essa, i visitatori scendono nel piano interrato dal quale si accede alle tre ali che ospitano le collezioni: l’ala Richelieu, a nord, l’ala Sully, articolata intorno alla Cour Carré, e l’ala Denon, lungo la Senna. 

Opere d’arte presenti al Louvre: 

Giotto, San Francesco riceve le Stimmate
Venere di Milo
Cimabue, Maestà
Jean Malouel, Grande Pietà Rotonda
Henri Bellechose, Pala di San Dionigi
Rogier van der Weyden, Annunciazione
Jan van Eyck, Madonna del Cancelliere Rolin
Enguerrand Quarton, Pietà di Villeneuve-lès-Avignon
Jean Fouquet, Rittratto di Calo VII
Maestrodi Dreux Budè, Crocifissione del Parlamento di Parigi
Paolo Uccello, La Battaglia di San Romano
Antonello da Messina, Cristo alla Colonna
Leonardo da Vinci, La Vergine delle Rocce
Domenico Ghirlandaio, Ritratto di Vecchio con Nipotino
Hieronymus Bosch, La Nave dei Folli
Pietro Perugino, Apollo e Marsia
Albrecht Durer, Autoritratto
Andrea Mantegna, Il Parnaso
Andrea Mantegna, Madonna della Vittora
Andrea Mantegna, Trionfo della Virtù
Leonardo da Vinci, Monna Lisa (La Gioconda)
Raffaello, La Belle Jardinière
Tiziano, Concerto Campestre
Quertin Metsys, Cambiavalute con la Moglie
Leonardo da Vinci, Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’Agnello
Raffaello, Ritratto di Baldassarre Castiglione
Tiziano, Incoronazione di Spine
Lambert Sustris, Venere, Cupido e Marte
Paolo Veronese, Le nozze di Cana
El Greco, San Luigi di Francia con un Paggio
Scuola di Fontainebleau, Gabrielle d’Estrées e la sorella
Caravaggio, La Buona Ventura
Caravaggio, La Morte della Madonna
Guido Reni, Il Ratto di Deianira
Pieter Paul Rubens, Arrivo di Maria de’ Medici a Marsiglia
Valentin de Boulogne, La Chiromante
Frans Hals, La zingara
Francisco de Zurbaràn, Funerali di san Bonaventura
Nicolas Poussin, L’Ispirazione del Poeta
Georges de La Tour, Il Baro
Anton van Dyck, Carlo I d’Inghilterra a caccia
Claude Lorrain, Porto al Tramonto
Philippe de Champaigne, Ritratto del Cardinale Richelieu
Georges de La Tour, Maria Maddalena con la Lampada a Olio
Georges de La Tour, San Sebastiano curato da Irene
Luis le Nain, Famiglia di Contadini
Nicolas Poussin, Paesaggio con Orfeo ed Euridice
Nicolas Poussin, Autoritratto
Rembrandt, Betsabea al Bagno
Jan Vermeer, La Merlettaia
Hiacinthe Rigaud, Ritratto di Luigi XIV
Jean-Antoine Watteau, Gilles (Pierrot)
Jean-Baptiste-Siméon Chardin, Ritorno dal Mercato
Francois Boucher, Riposo di Diana
Jean-Honoré Fragonard, Lezione di Musica
Jacques-Louis David, Il Giuramento degli Orazi
Francisco Goya, Ritratto do Dona Rita de Barrenechea
Jacques-Louis David, Ritratto di Madame Récamier
Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson, Atala al Sepolcro
Théodore Géricault, La Zattera della Medusa
Eugène Delacroix, La Libertà guida il Popolo
Jean-Baptiste Camille Corot, La Cattedrale di Chartres
Eugène Delacroix, Donne di Algeri nelle loro Stanze
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Il bagno turco
Stele della vittoria di Naram-Sin
Scriba seduto
Sarcofago degli sposi
Gli arcieri della guardi persiana
Corteo delle Panatenee
Nike e Samotracia
Aquila di Sigeri
Madonna col Bambino
Schiavo morente 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Le Serpent Rouge

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 Le Serpent Rouge è una discoteca presente nel ghetto di Parigi, nei pressi di Cours La Seine.
La nascita del fenomeno della discoteca a livello mondiale (intesa come Dancing dove un Disc jockey sostituisce la Band musicale) sembrerebbe risalire a Parigi nel 1954 ed esattamente al “Le Whisky a gogo “di Paul Pacini. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Strahov

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 Strahov è una zona residenziale di Praga nella parte occidentale della collina di Petrin, sulla riva occidentale della Vltava, ad ovest di Malá Strana e Hradcany in buona parte compresa nel distretto di Praga 6, lo stesso in cui è ubicato l’Aeroporto di Praga-Ruzyne. I giardini nella zona sono il capolinea della funicolare di Petrin, che collega la sommità del colle a Malá Strana. 

Nel quartiere, che è anche sede di diverse ambasciate, cono presenti un monastero, un campus universitario, un osservatorio astronomico e un complesso sportivo. 

Il campus universitario per gli studenti dell’Università Tecnica Ceca di Praga, prestigioso istituto universitario della capitale è fornito di mense e luoghi ricreativi per gli studenti viene denominato Silicon Hill, in quanto gli studenti hanno creato all’interno del campus una rete di computer collegati tra loro; la totale capacità del complesso è di 4714 posti letto. Il complesso è fornito di palestre, bar, ristoranti, negozi, campi da golf e da tennis. Nel periodo estivo uno degli edifici viene usato come ostello. 

Il Monastero di Strahov che fa parte del quartiere catastale di Hradcany, all’interno dell’abbazia conserva le spoglie mortali di san Norberto, il fondatore dell’ordine premostratense e ospita unaa biblioteca, una pinacoteca e il museo della letteratura ceca. 

L’Osservatorio astronomico è intitolato all’astronomo, generale e uomo politico slovacco Milan Rastislav Štefánik, che fu anche ministro della guerra della Cecoslovacchia, di cui è considerato, insieme a Masaryk, uno dei padri fondatori. 

Il complesso sportivo comprende due stadi: il Velký Strahovský Stadion e lo Stadion Evžena Rošického di proprietà della Federazione calcistica ceca. 

Il Velký Strahovský Stadion, costruito per ospitare gli Slety dell’associazione dei Sokol ed utilizzato dal regime comunista per grandi manifestazioni di massa simili agli Slety dette Spartachiadi è ora il centro di allenamento dello Sparta Praga. 

La collina su cui sorge la zona residenziale è attraversata da un grande tunnel stradale, lo Strahovský tunnel, i cui gas di scarico sfogano attraverso due gigantesche torri di ventilazione che sorgono nei pressi del Velký Strahovský Stadion. 

Durante la guerra fredda nell’epoca comunista nella zona era presente una postazione di jamming per disturbare le emissioni radiofoniche di Radio Free Europe. 

Fonte: Wikipedia