[Fan Fiction] Struggle Through Life Capitolo 13 Ricominciare

Edward aveva conosciuto la zia, che adesso si trovava al suo fianco durante il funerale, avevano parlato a lungo e l’idea di andare a vivere a Londra gli era sembrata sempre meno astratta.
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The earth shall soon dissolve like snow,
The sun forbear to shine,
But God, Who called me here below,
Will be forever mine.

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Lasciò per un attimo la mano di Bella per prendere un pugno di terra da gettare sulla bara: l’addio definitivo alla sua adorata madre. Non poteva fare a meno di sentirsi in colpa, non tanto per la catena di eventi che aveva innescato denunciando Laurent, ma per non aver fatto qualcosa prima, per non essere riuscito a liberare Elizabeth.

Mentre altra gente dopo di lui lo imitò, scrollò la mano e tornò subito a cercare quella della ragazza. Gli era stata indispensabile, era sicuro che senza di lei negli ultimi giorni sarebbe crollato a pezzi. Pensò che il destino, la bontà divina – o ciò che era – gli aveva lanciato almeno questa piccola ancora a cui aggrapparsi, senza la quale sarebbe annegato; Bella era l’unica cosa che avesse senso per lui in quel momento, temeva la loro imminente separazione, e se si fosse trasferito in un altro continente non sarebbe stato certo d’aiuto alla loro relazione.
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Yes, when this flesh and heart shall fail,
And more to life shall cease,
I shall possess within the veil,
A life of joy and peace.

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Sempre di più stava valutando come concreta la possibilità di accettare l’offerta dei Cullen, sarebbe potuto restare a Forks, nella sua vecchia scuola, con Ben ed Eric, più vicino a Bella; restando lì sarebbe stato più facile provare ad essere ammesso alla stessa università di lei; sua madre gli aveva lasciato da parte dei soldi per la sua istruzione, non avrebbe dovuto preoccuparsi almeno di quello.

Si rendeva anche conto che pensare così avanti negli anni non era plausibile: erano così giovani ed i loro sentimenti potevano sempre cambiare, anche se da parte sua non credeva potesse succedere. Decise che sarebbe rimasto a Forks, la sua piovosissima città natale nello stato di Washington, dove in alcuni momenti era stato felice con suo padre e sua madre, i suoi migliori amici, Bella; e sperò di poterlo essere anche con i Cullen, un’altra ancora che poteva rappresentare la sua salvezza.
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Amazing grace, how sweet the sound
That saved a wretch like me
I once was lost but now am found
Was blind but now I see.

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Emmett da una parte, Jasper ed Edward dall’altra, stavano portando il pianoforte in casa Cullen.

I Cullen erano stati felici della decisione di Edward e adesso, famiglia al completo, lo stavano aiutando a sistemarsi in una camera che precedentemente era stata quella degli ospiti. Carlisle ed i ragazzi erano stati a casa Masen ed avevano caricato le cose di Edward sulla Jeep di Emmett; l’unico oggetto ingombrante era stato il pianoforte, il ragazzo lo aveva guardato con nostalgia e Jasper aveva suggerito a Carlisle quanto probabilmente Edward ci tenesse, così avevano deciso di portarlo.

La casa era stata messa in vendita, la zia Eleanore se ne stava occupando prima di tornare in Inghilterra ed avrebbe destinato il denaro ricavato ad un fondo, a cui Edward avrebbe potuto accedere dopo aver compiuto ventun’anni.

Quel pomeriggio Bella andò a casa Cullen, appena in tempo per dare gli ultimi tocchi finali alla nuova camera di Edward, dopodiché i due ragazzi ebbero un po’ di tempo da passare da soli, era l’ultima volta che potevano, almeno per un po’: Bella sarebbe partita il mattino seguente per Phoenix.

Si misero comodi sul letto e dopo alcuni baci Edward si trovò disteso su di lei; si rilassarono semplicemente, cercando di godersi gli ultimi momenti insieme prima di quella che, con buona probabilità, sarebbe stata una lunga separazione.

“Sono troppo pesante?” chiese Edward, con la guancia poggiata sul petto di lei.

“Sei perfetto”. Rispose Bella, mentre gli accarezzava i capelli; parlò nuovamente solo dopo alcuni minuti: “Odio doverti lasciare, soprattutto in questo momento”.

Lui si voltò ed alzò la testa per guardarla: “Mi sei stata accanto nel momento più difficile della mia vita e non eri obbligata a farlo. Non lo dimenticherò mai”.

“Tornerò…sempre se vuoi, voglio dire, tornerò lo stesso a Forks ma non è detto che tu voglia rivedermi…”

Edward le prese il viso fra le mani e la baciò, interrompendola, l’aveva vista così insicura mentre faceva quell’osservazione che decise di rassicurarla sui suoi desideri anche a parole: “Certo che voglio, non devi dubitarne…potrei venire anch’io a trovarti a Phoenix”.

“Sarebbe forte”. Concordò Bella.

“Voglio cercare un lavoro, non solo per pagarmi il viaggio ma anche perché non voglio pesare troppo su Carlisle ed Esme”.

La ragazza annuì.

Dopo un po’ bussarono alla porta ed Alice disse, senza aprirla: “Non vorrei disturbare, ma mi hanno mandato a dirvi di scendere giù per la cena”.

“Ok, stiamo arrivando”. Rispose il ragazzo.

“Grazie, Alice”. Aggiunse Bella, poi chiese ad Edward: “Pronto per la prima cena con la nuova famiglia?”

“Credo di si; mi fa piacere che ci sia anche tu”.

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“Carlisle, posso parlarti un secondo?” chiese Edward, dopo cena, mentre l’intera famiglia aiutava a sparecchiare. “Anche a te Esme, se non è troppo disturbo”.

I tre andarono nello studio di Esme, che si trovava al piano terra e si sedettero; Bella si fermò in salotto a parlare con Alice, fra loro stava già nascendo una buona amicizia.

“Dì pure Edward”. Gli disse Esme, rassicurante.

“In effetti non c’era bisogno di parlarne in privato, non so come fate di solito…” Cominciò il ragazzo.

“Tranquillo. Di cosa si tratta?” Lo esortò Carlisle.

“Niente di speciale, volevo solo dirvi che ho intenzione di cercarmi un lavoro, per gli orari in cui non ho scuola, s’intende”.

“Mmh…e vuoi sapere cosa ne pensiamo?”

Edward annuì incerto, non voleva chiedere loro il permesso, ma voleva partire con il piede giusto nel rapportarsi a loro, ed informarli su una cosa di una certa importanza gli era sembrato appropriato.

“E’ molto responsabile da parte tua, ci convince ancor di più che averti qui sia stata una buona scelta”. Gli disse Esme, con affetto.

“Naturalmente preferiremmo che ti concentrassi sulla scuola”. Intervenne Carlisle.

“Non interferirà con lo studio”. Il ragazzo si affrettò a dire.

“Non puoi ancora saperlo,” Osservò Carlisle. “…vediamo come va, se riuscirai a gestire lavoro e studio senza far peggiorare i tuoi voti non ci sarà alcun problema, altrimenti credo dovresti dedicarti solo allo studio, anche se vedrai i vantaggi di una simile scelta solo in futuro”.

“Non voglio pesare su di voi più del necessario”. Confessò Edward.

“Io e Carlisle ne abbiamo già parlato, fai parte della nostra famiglia adesso e verrai trattato allo stesso modo dei tuoi frat…dei nostri figli”. Si corresse Esme, non sapeva se il ragazzo sarebbe stato da subito a suo agio ad essere chiamato figlio o fratello.

Edward le sorrise, non gli dispiaceva il senso di appartenenza che sentiva nascere in sé e che aveva già visto riflesso nei Cullen, anche dopo un solo giorno trascorso con loro.

“Vi ringrazio”.

“E’un piacere”. Gli disse Esme. Carlisle annuì ed aggiunse: “Naturalmente anche i doveri saranno gli stessi degli altri”.

“Mi sembra giusto”.

“Ma non preoccuparti, si tratta solo di aiutare un po’ in casa, e per quanto riguarda il comportamento a scuola e fuori, vogliamo che vi comportiate sempre da bravi ragazzi; neanche per te dovrebbe essere difficile, visto che lo sei già”. Lo elogiò il dottore.

Edward fu d’accordo sulla necessità di avere alcune regole, e proseguì: “C’è un’altra cosa, riguarda la patente; vorrei prendere il foglio rosa e cominciare a fare un po’ di pratica, se possibile, così da accumulare i sei mesi necessari e poter sostenere l’esame subito dopo il mio compleanno. Per le spese intendo restituirvi tutto a partire dal primo stipendio”.

“Ok, non appena ho un giorno libero andremo alla motorizzazione, non preoccuparti dei soldi”. Gli disse Carlisle.

Si alzarono per tornare dagli altri; poggiandogli una mano sulla spalla mentre camminavano, Esme disse al ragazzo: “E’ un peccato che Bella parta domani, è una ragazza così dolce…mi sarebbe piaciuto averla in giro per casa di tanto in tanto. Deve essere difficile separarvi”.

“Mi mancherà molto, ma ci rivedremo, questo è sicuro”. Disse lui, più che convinto.

**

Era passato quasi un mese, ed Edward lavorava in un negozio di libri, approfittandone per leggere quelli che catturavano la sua attenzione; non era mai stato un grande lettore, ma Bella gliene aveva consigliati molti, e trovandosi sempre circondato dai libri al lavoro aveva scoperto questa sua nuova passione.

Una sera, Alice bussò in camera di Edward ed entrò appena lui glielo disse; lo trovò mezzo disteso sul letto a parlare al cellulare.

“E’ Bella?” Gli chiese e, quando lui annuì, aggiunse: “Salutamela…, comunque ci sentiremo fra un po’ in chat!” E si sedette anche lei sul letto.

Edward riferì e subito dopo chiuse la conversazione telefonica, Alice domandò: “Come le è andato il test di trigonometria?”

“Ha preso B+”. disse Edward contento; quella era l’unica materia che di solito dava difficoltà a Bella, per questo la ragazza era soddisfatta di aver preso quel voto che, anche se non altissimo, avrebbe comunque inciso poco sulla sua ottima media.

“Grande!” disse Alice, anche lei al corrente di tutto; lei e Bella non avevano più perso i contatti da quando era partita. “E’ molto difficile stare lontani?” Chiese Alice, improvvisamente.

“Si, ma non siamo mai stati vicini a lungo, quindi siamo un po’ abituati, credo…”

“A volte penso a quando Jasper e gli altri andranno al college…e allora toccherà solo a te sopportarmi”.

Edward le fece una linguaccia, Alice proseguì più seria: “Non so come farò per un anno senza di lui”.

“Non sarà un intero anno, torneranno per le vacanze…”

“Lo so, ma sarà difficile lo stesso. Ed anche quando finalmente lo raggiungerò, sempre ammesso che io entri allo stesso college, so già che Carlisle ed Esme ci consiglieranno di non vivere insieme”.

I loro genitori raramente gli imponevano qualcosa, preferivano sempre chiedere o consigliare, ma i ragazzi si sentivano in obbligo verso di loro e sapevano quanto fossero attenti al loro bene, quindi difficilmente non acconsentivano; anche Edward cominciava a capire le dinamiche della famiglia.

“Sono sicuro che ve la caverete…ma non pensarci troppo adesso, manca ancora un bel po’ di tempo”.

“Hai ragione e scusa se sono stata egoista a parlartene, quando tu stai vivendo la lontananza già adesso…”

“Puoi parlarmi di tutto. A che servono i fratelli? Oh…rettifico: puoi parlarmi di tutto tranne che delle smancerie fra te e Jasper”.

“Tanto per quello ho Rose…e Bella!”

“Non oso immaginare cosa vi dite!” Disse Edward e i due risero di gusto.

Vivere con i Cullen era qualcosa di completamente diverso dalla vita cui era abituato; non aveva mai capito davvero il legame tra fratelli, adesso cominciava ad averne un’idea; inoltre in casa regnava sempre l’armonia, nonostante le occasionali e inevitabili piccole liti tra i ragazzi o tra loro e i genitori su argomenti spesso banali; le affettuosità, poi, erano una costante, fra le coppie e non solo, – con Esme ed Alice soprattutto, iniziava a nascere una certa confidenza, che Edward credeva avrebbe potuto trasformarsi, nel tempo, in quella presente in una vera famiglia – ricordava solo vagamente un’atmosfera simile fra e con i suoi genitori, quando era stato piccolo.

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“Sto malissimooooo!” si lamentò Emmett, disteso a letto in preda alla febbre.

“Emmett, non fare il bambino…” disse Esme, mentre gli toglieva il panno umido dalla fronte e gli porgeva delle pillole ed un bicchiere d’acqua. “Carlisle ha detto di prendere queste, starai presto meglio”.

Mentre Emmett prendeva le medicine, Edward entrò nella stanza: “Come va?”

“Ehi fratello…ho fatto un sogno bruttissimo: Jasper mi faceva sparire la Play Station!”

“Non lo farebbe mai, sa quanto ci tieni”. Lo rassicurò Esme, divertita.

“Rose vuole sapere se può venire a farti compagnia”. Gli disse Edward.

“Ho già detto di no, non voglio contagiarla”.

“Ed Esme allora?”

“Lei ha gli anticorpi da mamma”. Rispose Emmett, come fosse ovvio, tutti sorrisero.

“Torno fra poco tesoro”. Disse Esme arruffandogli i capelli ricci e portò via la bacinella e il panno.

Rimasti soli, Emmett disse ad Edward: “Spero per Bella che si stia allenando ai videogiochi, mi deve ancora perlomeno una rivincita”.

“Spero di no, non mi piace che passi troppo tempo con Jacob”.

“Hai paura che ti tradisca?” Chiese divertito.

“No, ma mi da fastidio lo stesso…comunque di lei mi fido, di lui non molto”. Confessò Edward.

“Ma se neanche lo conosci!”

“Vorrei vedere te al mio posto!”

Emmett ci pens?menti insieme prima di quella che, con buona probabilità%h’io mi fiderei”. Dopo poco proseguì: “Tu e Bella avete…” Il ragazzo fece un movimento allusivo con le sopracciglia, non riusciva a stare serio a lungo neppure quando stava male; i suoi occhi azzurri tradivano la sua curiosità.

“Che ti importa, Emmett?”

“E dai fratellino, tu sai di noi…” Insistette Emmett.

“No…io lo avevo già fatto, ma con lei non ancora”.

“E bravo Eddie!”

“Non chiamarmi Eddie!”

“Ok, ok. Mi prenderesti un’altra copertina? Ho freddo”. Disse Emmett, cercando di impietosirlo.

“Grande e grosso come sei, pensavo resistessi meglio ad una semplice influenza!”

Edward gli prese la coperta ed uscì mentre Esme rientrava e gliela rimboccava, ma lo avvertì che anche lei aveva altre cose da fare e non avrebbe potuto restare tutto il tempo ad accudirlo.


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