[Fan Fiction] The Ultimate Weapon : Ultimo Capitolo

I mesi passarono…

Gidan si ritrovava in trepidante attesa nei corridoi del palazzo, mentre aspettava il suo compare. L’ultima volta che tentò di fare quest’operazione da solo si rivelò un disastro: Garnet che si precipitò a fionda sul luogo, Steiner che correndo con quell’armatura rumorosa non faceva altro che aumentare il problema, e Beatrix che gli inveiva nonostante le sue patetiche scuse. Erano le otto in punto, la luce della luna che filtrava dalle finestre non sgarrava mai. A una di queste rimasta aperta, aveva fissato sul corto davanzale una corda con tanto di arpione fissato perfettamente. Pochi secondi dopo, con un grande sforzo Blank s’issò sul davanzale e chiese a voce bassa:

«Dammi una mano no?»

«Non vedi cos’ho nelle mie?» gli rispose mostrandogli il piccolo fagotto che teneva delicatamente con entrambe.

«Ah, pensavo che dovessimo prelevarlo insieme, ma vedo che ti sei avvantaggiato con i tempi.»

«Dopo un’ora e mezza quasi di osservazione e di ronda un momento favorevole lo trovi.»

«Ma hai usato l’erba sonnina per caso?»

«Fortunatamente non c’è stato bisogno. Adesso andiamo, procediamo con l’operazione.»

«Nome in codice?» chiese Blank che era fissato con queste stupidate da spionaggio.

«Chiamalo come vuoi.» gli rispose scocciato facendogli strada. Il piano era arrivare dall’altro lato del castello facendo un giro parecchio largo per seminare possibili sospetti e rumori che potevano tradire la loro presenza. Poiché Blank doveva avanzare per primo per dare il via libera, era lui quello che rischiava di più nella situazione, e non Gidan nonostante il suo prezioso carico. I due Tantarus erano vestiti con dei leggerissimi vestiti di seta e di cuoio, e non indossavano la benché minima decorazione di metallo. Indossavano incrociate sul petto, due cinture che contenevano diversi strumenti da scasso e due pugnali; sulle suole avevano delle imbottiture di lana così da assicurare il minor rumore possibile dei loro passi. Partì Blank per qualche passo fino al primo incrocio e girò a destra, vedendo se nessuno camminava verso la sua direzione: imboccò il corridoio e poco dopo fece capolino dal muro dando il segnale di via libera. Fecero così per altre quattro,cinque volte fino a che mentre faceva capolino, vide la figura di Steiner avvicinarsi a loro.

«Sta arrivando il samurai!» esclamò terrorizzato «Che possiamo fare?»

«Dobbiamo tornare indietro e aggirarlo. Di corsa però, non possiamo farci scoprire.» rispose risoluto. Tornarono indietro talmente velocemente da trovarsi alle spalle del cavaliere che camminava anche lui con lentezza.

«Se gira a sinistra, siamo fregati!» disse Blank, sapendo che la loro destinazione era dalla parte dove il cavaliere sembrava stare per dirigersi.

«Tutto regolare a destra! A sinistra ho già controllato, quindi dritto!» parlò Steiner a se stesso per ricordarsi i giri di ronda che aveva fatto precedentemente. I due ladri fecero un sonoro respiro di sollievo e talmente era la loro liberazione che si sedettero a terra per rifiatare. Gidan ne approfittò per sollevare un lembo del fagotto per vedere il contenuto.

«Non è una meraviglia?» disse sorridendo.

«Eh sì. Ora però andiamo, sennò rischiamo di non incrociare Daga.»

I due ripresero il cammino con la stessa formula e lo stesso andamento fino a che arrivarono alla porta dell’ufficio di Garnet, dove stava lavorando da ore. La sorpresa doveva scattare prontamente: quando si sentiva dall’interno lo stridere della sedia che veniva riposta sotto la scrivania, era segno che la regina si era alzata.

«Che ora sarà?» chiese Blank agitato.

«Saranno le otto e dieci. Siamo in anticipo di qualche minuto. Troppa fretta. Tieni pronto il doppione della chiave.» ordinò Gidan. Per tutta risposta il compare si diede una pacca sulla fronte dicendo:

«Per la miseria! Mi sembrava di essermi scordato qualcosa!»

«Se non avessi le mani occupate, ti strangolerei: mi spieghi come facciamo ad aprire questa porta senza il doppione?! Anche se non era perfetto, era l’unica garanzia che riuscivamo ad entrare senza far rumore!»

«Il rumore lo stai facendo tu adesso, parla piano!» lo avvisò Blank cercando di abbassare ulteriormente il tono di voce «Dobbiamo usare gli arnesi classici.»

«E come facciamo? Io ho in mano questo, tu devi scassinare e io devo controllare che non arrivi nessuno? Ti ricordo che se mi vedono scoppia un casino.»

«Ma ‘sta sorpresa a Daga devi per forza farla entrando nel suo ufficio?»

«Lei l’ha fatto molte volte quando stavo chiuso in camera io, e alla fine è sempre lei che si occupa delle faccende del matrimonio. Se glielo faccio vedere (non pensare a male) gli faccio un piacere. Ma devo aprire questa porta, se mi esce trovandomi davanti è capace di farmi una ramanzina per il solo fatto di averla aspettata! Non le va che le stia esageratamente intorno. So com’è fatta. Forza allora, mano agli strumenti.»

Blank assentì e prese dalle due cinture alcuni accessori e li infilò nella serratura armeggiando cercando di non fare il benché minimo rumore. La tensione era palpabile, e il ragazzo dai capelli rosso fuoco sudava da ogni poro. Gidan invece era tranquillissimo e involontariamente si mise il fagotto sull’incavo tra la spalla e il collo tenendolo sempre con le mani e cominciò a mugugnare la canzone di Garnet. Passarono diversi secondi, poiché Blank poteva sì aprire la porta ma senza far rumore era quasi impossibile, difatti ci rinunciò e si mise di lato sconfortato.

«Che diamine!» imprecò Gidan con un tono di voce un po’ più alto del dovuto. Infatti pochi secondi dopo si sentì all’interno la sedia spostarsi più velocemente del solito, e contemporaneamente si sentì uno strano urlo, acuto e ripetuto nell’aria.

«Maledizione!» imprecò di nuovo. La porta si aprì di scatto, colpendo in pieno volto Blank che non aveva fatto in tempo a spostarsi. Daga fece una faccia apprensiva a sentire quel rumore assordante ma quando vide davanti a se il ragazzo, si mise le braccia conserte e assunse un’aria severa…da madre quasi.

«Quante volte ti ho detto che non voglio che porti Alexander in giro di notte?»

«Volevo farti una sorpresa: sono giorni che lavori ore e ore e poi ti prendi la briga di prenderlo e metterlo a dormire. Oggi volevo farlo io.»

«Infatti, bel risultato!» rispose lei prendendo dalle braccia di Gidan il figlio di un mese che smise immediatamente di piangere facendo inevitabilmente ingelosire e innervosire il padre: possibile che appena si accorgeva di essersi svegliato tra le braccia di una persona che non era la madre, faceva tutto quel chiasso e poi magicamente tra le braccia di Garnet si zittiva? Ma ormai la frittata era fatta. Beatrix si era teletrasportata immediatamente seguita da Lylith (Daga non ebbe il coraggio di cacciarla via e la promosse shogun in seconda), il dottor Totto che stava lavorando all’interno con la regina tirò fuori il nasone curioso e da lontano si sentivano i metallici passi di Steiner.

«Buoni ragazzi, non preoccupatevi: Gidan mi voleva fare una sorpresa ma evidentemente qualcuno gli ha rotto le uova nel paniere…» disse guardando il bimbo.

«Maestà, capisco che anche lei vuole passare del tempo con il bambino, ma non è bene portarlo in giro a quest’ora, rischia di allarmare mezzo castello.» lo redarguì Beatrix.

«Esatto Re Gidan: e poi sarebbe meglio che andaste anche voi a dormire, domani sarà un’importantissima giornata!» rincarò Lylith.

«Allora, uno, non chiamatemi né maestà, né re perché ancora non lo sono. E anche quando lo sarò, non voglio che mi chiamate così. Due, Alex è il mio bambino e me lo porto dove voglio! Vero amooore di papà?!» e cominciò le classiche frasi col tono di voce da completo stupido che hanno tutte le persone quando si rivolgono al proprio figlio piccolo. Infatti Blank si dovette trattenere dal ridere, e lentamente si defilò.

«A domani…sua maestà Gidan, re di Alexandria!» disse infine.

Il giorno dopo la piazza del castello era piena di gente, e molti altri si erano riversati nelle strade adiacenti. La vista spettacolare che Gidan aveva dalla finestra, invece che meravigliarlo lo fece rabbrividire: in pochi minuti di fronte a tutte quelle persone si sarebbe sposato a ventuno anni appena compiuti. Sentì bussare la porta, era Blank.

«Che figurino sei! Neanche alle nostre opere più spettacolari ti ho mai visto così elegante!» Effettivamente, Gidan era molto più elegante del solito: indossava un vestito intero, decorato con cinghie e alcuni smeraldi, verde scuro e a tratti rosso; calzava le sue galosce, che non c’era stato verso a convincerlo di fargliele cambiare, e una leggera mantellina che già non vedeva l’ora di togliersi. Era parecchio appariscente, ma faceva la sua figura vestito così.

«Cos’è, cerchi una via per battertela?» cercò di sdrammatizzare il Tantarus.

«Cosa dovrei fare secondo te?» gli chiese di rimando senza voltarsi.

«In che senso?» richiese Blank.

«Intendo dire, faccio bene a sposarmi? Sarò in grado di sorreggere tutto questo peso, la corona, e tutto il resto?»

«Gidan, avessi io le possibilità che hai tu: stai per sposarti con una ragazza fantastica sotto tutti i punti di vista, senza contare il reddito e la stabilità finanziaria che ne consegue, hai un figlio da crescere che adori, hai il favore del popolo. Il peso verrà dopo, tu devi pensare ad essere felice. E in più hai un posto dove tornare, amico.»

Fu quest’ultima frase a riscuoterlo: lui la usava spesso per parlare di se stesso al passato, di quando cercava il suo luogo di origine, o meglio un posto dove tornare chiamato casa. E dopo averlo finalmente trovato, aveva rischiato di perderlo per via del primo pazzoide venuto. Ora però, più che mai ne aveva la certezza: quella era la sua casa, la sua famiglia, il suo posto dove far ritorno un giorno.

«Ho un’idea: movimentiamo un po’ questo posto.» disse girandosi d’improvviso.

«Sono tutto orecchi.»

E Gidan gli spiegò.

Lo spazio designato per la cerimonia era relativamente piccolo: un piccolo palco sopraelevato con due piccoli podi, il posto dei due sposi, e un piccolo leggio dinanzi ad essi. Alle loro spalle vi erano diverse sedie per i rappresentanti più importanti dei vari regni, e ovviamente tutti gli amici: Beatrix, Steiner, Amarant, Quina, Eiko, Freija, Flatrey, i Tantarus al gran completo e Hades che non volle perdersi il divertimento, dopo secoli di noia. Lylith, ormai redenta, non se la sentì di farsi vedere dalla classe nobiliare del continente per via della vicenda accaduta anni prima e quindi era in mezzo al pubblico; Zerxex e i suoi soldati si guadagnarono il perdono e il loro meritato riposo grazie ad un incantesimo di esorcizzazione congiunto di Eiko e Daga.

Garnet e Gidan dovevano uscire dal portone principale una dopo l’altro accompagnati ciascuno da un testimone, Blank per lui, Mikoto per lei. Mentre questi ultimi si avvicinavano ai lati dei due podi, la jenoma, mandò un bacio col dito al ladro che rimase di stucco. “La sorella del mio migliore amico? Interessante…” pensò. E ricambiò con un eloquente occhiolino.

Ad un segnale preciso il direttore d’orchestra attaccò con un pezzo tutto fiati e ottoni per l’entrata di Gidan che venne accolto dal solito applauso. Appena mise piede sul suo podio, il pubblico recitò automaticamente la sua frase:

«FINALMENTE!! RE GIDAN E’ TORNATO A CASA!!»

Dovette sforzarsi per non commuoversi, ma rimase estasiato dall’entrata in piazza di Garnet: la regina era vestita con abito bianco, scollato e attillato e con una gonna decorata da una rosa bianca in vita che arrivava poco sopra i piedi, calzati da un paio di bellissimi sandali con tacco. Non indossava un velo sul volto, ma dal solito diadema che aveva in testa partiva un leggero strascico di media lunghezza che toccava appena terra. In quella pura semplicità, che risaltava comunque la sua persona, era più bella che mai. Il forte “ooh!” di meraviglia proveniente dal pubblico la fece visibilmente arrossire. Arrivati entrambi sui loro podi ravvicinati si guardarono, e si dovettero trattenere dall’abbracciarsi e baciarsi anzitempo. Gidan le disse a mezza voce: «Sei splendida: chi è il fortunato?»

«Scemo…»

«Come “scemo”? Pure adesso che divento re?»

Entrò per ultimo dinanzi il leggio il funzionario regio incaricato di espletare la cerimonia: ovviamente, il dottor Totto. Fece cenno ai due giovani di salire sulle loro postazioni. Daga salì quasi tranquillamente, Gidan invece era sull’orlo del collasso: era pallido, sudava freddo, e non si sentiva le gambe. Difatti ci mise parecchio per salire sul podio, incespicando sugli ultimi due gradini. Una volta in cima inspirò ed espirò profondamente. Poi calò il silenzio. Nella testa di Gidan passarono un sacco di immagini di lui e di Daga durante le loro avventure, e Daga anche se riusciva a contenersi per abitudine, era se possibile più emozionata di lui. Totto parlò nello strumento simile ad un microfono che era messo sul leggio, posto dinanzi ad alcuni fogli contenenti il discorso della cerimonia nuziale:

«Cittadini e cittadine di Alexandria. Siamo riuniti oggi in questa piazza, per celebrare le nozze della Regina dei Territori Uniti di Alexandria, Garnet Til Alexandros XVII, eletta per volere del popolo e per discendenza regale, e dell’eroe del conflitto della nebbia, nominato in questa sede reggente della corona del Regno di Alexandria, Gidan Tribal. Quest’uomo e questa donna, anzi, questi due ragazzi hanno salvato il mondo confidando nell’aiuto reciproco e nel loro affetto, consci che i loro amici erano lì a supportarli in tutto.» aggiunse Totto che evidentemente aveva aggiunto del suo alla cerimonia «Ora, di fronte al popolo e per l’autorità conferitami dalla Regina di Alexandria, chiedo ai due di recitare la formula che li renderà marito e moglie.»

Iniziò Garnet, mettendo al dito del ragazzo un modesto anello d’oro, splendente come il sole: «Gidan Tribal, io Garnet Til Alexandros, giuro su quest’anello di esserti fedele e di amarti per tutti i giorni della mia vita, finché morte non ci separi.»

Gidan mise al dito della ragazza un anello identico e disse:

«Garnet Til… Daga, io Gidan Tribal, giuro su quest’anello di esserti fedele e di amarti per tutti i giorni della mia vita, finché morte non ci separi.»

«Ed ora, per suggellare l’unione, che i due sposi si bacino!» concluse entusiasta Totto. «Cosa?» chiese Gidan dal nulla parlando nel suo microfono. Totto un po’ imbarazzato ripeté: «Ed ora, che i due sposi si bacino!»

«Cosa?» richiese. Totto non capiva. Lo aveva ripetuto forte e chiaro.

«Ed ora, che i…» ripetè un po’ interdetto

«COSA?» lo interruppe più forte. Daga intuì e si mise una mano sul volto:

«Oddio, ora comincia col “cosa”…» disse a voce bassa. I due testimoni lo guardavano sorpresi.

«Tu vuoi che ci baciamo, cosa? Dici a noi due che dobbiamo baciarci, cosa? Che dobbiamo suggellare la nostra unione, cosa?» Totto era basito e non proferiva parola. Il pubblico invece cominciava a scaldarsi e conoscendo le tipiche frasi ad effetto del Tantarus, che amava condividere con la gente, ripeté il “cosa” ogni volta che lo diceva. Staccò il microfono e continuò. «Sai che ti dico, cosa? Ho detto, sai che ti dico?» ormai il pubblico urlava automaticamente “cosa?” alla fine di ogni frase di Gidan, che educatamente ripeteva.

«Ti dico che non c’è bisogno di un anello o di una cerimonia per siglare l’unione di due innamorati. Ho detto, che non c’è ne bisogno. Che non serve. Che è dannatamente inutile. Che non c’è bisogno, perché la nostra unione l’abbiamo suggellata nove mesi e mezzo fa!» il pubblico esplose. Daga invece di imbarazzarsi si mise a ridere, tanto ormai tutti sapevano del loro figlio, e tanto valeva godersi lo spettacolo improvvisato del ragazzo, anzi del marito.

«Se proprio devo farlo lo farò. Ma prima voglio raccontarti una storia. Hai tempo, che ti racconti una storia? Avete tempo che vi racconto una storia?» chiese volgendo al pubblico, che innalzò un coro di “sì!”.

«È la storia di un uomo chiamato Gidan Tribal. Un uomo che viveva di espedienti. Di espedienti. E che si unì ad una banda. Un giorno questa banda decise di andare ad Alexandria a rapire la principessa. Ho detto, per rapire la principessa. Perché ci era stato detto che qualcosa non andava. Allora l’ho rapita, l’abbiamo portata con noi. Abbiamo vissuto insieme un sacco di avventure. Ho detto che abbiamo vissuto un sacco di avventure. E abbiamo rotto il culo ad un sacco di bastardi! Ho detto, abbiamo rotto il culo ad un sacco di bastardi figli di puttana!» alla ripetizione il pubblico fece un boato di approvazione. Totto era stravolto, invece gli amici se la ridevano. Persino Steiner non sembrava scandalizzato dalla scenetta di Gidan.

«Ma una volta mi sono fermato. Sì, mi sono fermato. E mi sono detto, Gidan chi te lo fa fare? Chi te lo fa fare? Servirà a qualcosa? È questo il tuo compito? Sei solo un guscio vuoto,che non importa a nessuno. E sapete chi mi riscosse dal torpore? Vi ho chiesto, sapete chi mi riscosse dal torpore? È stata questa bellezza di ragazza qui. Ho detto, questa bellezza di ragazza qui!» e dicendolo la trasse a se col braccio. Lei lo guardava sorridendo divertita non capendo bene dove volesse andare a parare.

«Perché questa ragazza qui, mi ha fatto capire il mio ruolo in questo mondo. Mi ha fatto capire che avevo un posto dove tornare. Mi ha fatto capire che avevo un posto dove tornare. E sapete quando sono tornato? Due anni dopo. Ho detto, due cavolo di anni dopo. Dio! E perché? Perché ho voluto fare l’eroe, cosa? Ho voluto fare l’eroe!» ridicendo la parola magica, fece ricominciare il coro. «E qualche mese fa, cos’è successo? Qualche mese fa, ho fatto di nuovo l’eroe e sapete cos’è successo? È successo che stavo per morire. Stavo per schiattare. Stavo per lasciare questa valle di lacrime. Stavo per lasciare sola questa bella ragazza che sto abbracciando. Adesso voglio fare una promessa, a lei, a voi qui presente e alle migliaia, e migliaia! dei miei fan, che non farò mai più, e intendo MAI PIU’, azioni che possano compromettere la mia vita. E questa è la linea di massima, perché Gidan Tribal ha detto così! E sapete come la prometto? Così.» e la baciò. La tenne così per almeno dieci secondi e ci mise tutto l’amore possibile e sentiva che nelle sue labbra e la sua lingua, c’era tutto l’amore possibile. Il pubblico riesplose, e applaudì con fischi e urla. Staccatosi dalle labbra dell’amata, Gidan si mise il pollice e il medio uniti in bocca e fischiò. Da lontano si sentì un lunghissimo “kueeeh” che man mano si avvicinava diventava più forte.

«Reggiti forte Daga, che tra poco si vola!» le disse.

La Regina, pur non capendo assicuro le braccia al collo di Gidan. Dopo poco arrivò Choco planando a velocità incredibile rasoterra. Il Tantarus si preparò e appena il chocobo si presentò dinanzi a lui, spiccò un breve salto in groppa al volatile, che s’innalzò verticalmente verso le nuvole. Passarono pochi secondi, prima che Gidan si rese conto di stare oltrepassando le basse nuvolette dell’altopiano di Alexandria. Daga non aveva ancora staccato le braccia dalla presa, e per nulla l’avrebbe più fatto.

«Hai visto che alla fine sono venuto a cavallo di chocobo?» le chiese ricordando la frase che lei disse mesi addietro.

«Sei diventato anche poetico: cos’è, un altro effetto della presenza di Trivia?» chiese sarcastica.

«Ma quando mai! Non ho mai scritto roba poetica, io!»

«E questa “roba poetica”?» gli domandò estraendo dal seno una lettera col simbolo dei Tantarus, e la sventolò in faccia a Gidan: era quella che l’aveva convinta a scendere in battaglia. Dopo un’iniziale occhiata interrogativa, il viso di Gidan cambiò in diverse tonalità del rosso: dal pompeiano all’arancio aragosta.

«Ehm…beh…guh…» cercò di spiccicare parola.

«Cosa?» fece Daga cercando di fregargli la frase. Non ricevendo risposta chiese.

«E dove passeremo la luna di miele?»

«Hai presente quel posto che sta al di là delle nuvole, dove non ci sono mostri (“non calcolate Ozma, please” N.d.A.), e dove solo i chocobo dorati possono entrare? Il moguri Mene mi ha detto che ha organizzato già tutto per la nostra permanenza.»

«Il Chocoareoparco…niente male. Ma gli altri che abbiamo lasciato così? E Alexander come farà a stare da solo?»

«Oh, il ragazzo se la caverà. E se l’idea ti piace, quando torneremo potremo dirgli che è in arrivo un po’ di compagnia…» disse sornione.

E a Daga, l’idea, piacque.


“Con grande soddisfazione, vi ringrazio tutti per l’interesse e per l’assiduità con cui ognuno di voi ha seguito il mio primo lavoro, aggiungendo questa storia fra le preferite e le seguite, e chi ha avuto tempo per lasciare un commento a cui ho praticamente risposto a tutti. La vostra partecipazione mi ha convinto a proseguire la pubblicazione di questa fan-fiction solo su questo sito, l’unico dove ricevo apprezzamenti sulle mie opere. è stato con grande coraggio che ho iniziato la pubblicazione di questa mia opera su un sito dedicato a fan-fic su ogni tipo di cosa e di videogioco, e con grande coraggio speravo di vederla fruttare considerando che parla di “final fantasy 9”, che è purtroppo il meno seguito. Però al momento della pubblicazione di quest’ultimo capitolo, mai mi sarei aspettato quasi 30 recensioni tutte positive e spronanti e un seguito che devo dire è stato abbastanza costante. In quest’ultimo capitolo, non ho potuto resistere dal prendermi la liberà di inserire un’altro “tormentone” di un wrestler, Stone Cold Steve Austin, che spesso nei suoi discorsi ed interviste amava far ubriacare il proprio interlocutore dicendo spesso “cosa?” (what?). Poiché all’inizio misi una frase di The Rock, mi è sembrato logico concludere con un’altra presa dal mondo del wrestling, mia grande passione. L’ho scritto facendo un po’ all’inverso del final fantasy 9 originale, ovvero mettendo l’effetto sorpresa spiazzante all’inizio e mettere la cosa calma alla fine. Detto questo ringrazio chi ha messo questa mia storia fra le preferite:
Dill, Linali san, Thaleron
e tra le seguite:
baby91, Dill, Psyker, Ventus
Ed ora, per l’ultima volta passo alle risposte ai commenti, cercando di ringraziare tutti quelli che mi hanno supportato:
baby91: ti ringrazio particolarmente poiché sei stata la prima a commentare e a sostenermi con simpatia e attenzione, anche se poi sei improvvisamente sparita. Non facendotene una colpa, mi piacerebbe ricevere una tua recensione finale a cui ti risponderò personalmente.
psyker: anche a te devo sentitamente ringraziare per la costanza delle recensioni (intervallate da problemi di rete se ho ben capito) con cui mi proponevi le tue attente osservazioni sulla mia opera, il che mi ha gratificato non poco dato che l’ho scritta appositamente per gli appassionati del gioco quali noi siamo. E come quasi ogni capitolo, mi auguro di leggere una tua recensione anche a quest’ultimo capitolo a cui ti risponderò con una mail.
martykat96: beh, io e te ci conosciamo da un’altro diciamo “frangente”, da cui siamo riusciti fortunatamente a staccarci. Mi ha fatto molto piacere rivederti qui su e.f.p. anche perché eri effettivamente l’unica che speravo di rivedere. Spero che tu non voglia fermarti dal continuare a pubblicare le tue storie su ff9, secondo le regole che ti ho consegnato. Mi aspetto un tuo commento, a cui ti risponderò al solito modo.
Linali San: ti ringrazio in special modo, perché i tuoi commenti incoraggianti mi sono capitati in un momento in cui vedevo poche recensioni e credevo di avere una sorta di “calo di pubblico”. Mi auguro che la principessa ti abbia combinato quello che ti aspettavi! Aspetto un tuo commento finale, giusto per dirmi che ne pensi.
Dill: l’ultimo a commentare! Beh devo dire che la tua attenzione è più che giusta: l’azione corale l’ho ripresa da final fantasy 7 advent children, ed è stato un po’ uno sfogo verso quel ff che è da tutti considerato il migliore senza conoscere il 9. Ho voluto dimostrare che anche in questo caso, è possibile individuare un forte spirito di gruppo fra personaggi diversissimi. Per quanto riguarda le mie storie, per ora ho in cantiere un crossover, di cui ho già pubblicato un episodio d’anteprima. Perché non mi dici che ne pensi? Ovviamente ti risponderò tramite mail.
E A TUTTI, DI NUOVO, TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE GRAZIE!!! E SI VI E’ PIACIUTA QUESTA FAN-FICTION, “GIVE ME A “HELL YEAH!!!” (altra frase di Stone Cold…”)!!!!!”

“The Alex” fflover89

FINE.


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