[Fan Fiction] The Ultimate Weapon : Capitolo 3

“Godetevi questo nuovo capitolo di “Ultimate Weapon”!!!!!! (squillo di trombe) e mi raccomando commentate!!!”


Purtroppo, nonostante la buona impressione che fece l’arte culinaria di Quina, per quanto fossero buoni, quei piatti a Gidan rimanevano ancora stomachevoli. Dopo la cena, infatti, molti altri si alzarono per consumare una minima parte di quello che avevano mangiato. A Garnet, invece, andò di indugiare in una cosa che non faceva da quando era bambina. Si levò la grande gonna e parte della sopraveste, si tolse le bellissime scarpe con tacco basso, si sfilò le lunghe calze bianche e si mise a camminare a piedi nudi sull’orlo della fontana costruita due anni prima sul retro del castello. L’orlo di pietra granitica bagnata e gli schizzi della fontana, la facevano sentire come se camminasse sotto la pioggia. Il continuo gioco di non perdere l’equilibrio e quindi cadere nella vasca la divertiva come in passato. Ricordò che un paio di volte ci cadde dentro, e Brahne, che aveva visto l’accaduto, si precipitò di corsa alla vecchia fontana temendo che la bambina annegasse. In realtà lei si era già alzata e se la rideva allegramente. Sotto il chiaror di luna, in quelle poche vesti e in quella posizione Garnet oltre che bella e sensuale, sembrava davvero in pace con se stessa, non obbligata dalle rigide vesti e dalle regole dettate dall’etichetta che non aveva mai apprezzato. A un certo punto arrivò Gidan: anche lui si era tolto il gilet di pelle il foulard bianco, e il grande fodero in cui riponeva la sua arma preferita. Quando Daga lo vide anche lui, così mezzo svestito gli disse:

«Pensavo fossi io a soffrire il caldo, con quello strascico!»

C’è parecchia umidità. Oggi davvero non si respira!» rispose avvicinandosi.

Gidan sorridendo cominciò ad accarezzare con i dorsi delle dita la gamba di Garnet. Poi disse:

«Sai, era parecchio tempo che non ti vedevo… così.»

«Avevo voglia di distrarmi dopo tutti quei ricordi. E poi sai che rimarrò sempre la stessa. So che ti piaccio anche per questo. »

Gidan spostò il braccio sotto le ginocchia di Garnet posò il piede sull’orlo della vasca e se la prese in braccio. Guardandola con dolcezza, la baciò.

Non era certo la prima volta che i due si baciavano, ma stavolta avvertirono entrambi una sensazione diversa. Poi cominciò a camminare. E mentre camminava, parlava con Daga, poiché così amava chiamarla quando erano da soli o con i compagni di avventure.

«E’ da tanto che non stiamo così… vicini.» iniziò il ragazzo.

«Beh, è vero. Sono passati quasi quattro mesi»

«Sì, ma non intendevo precisamente quello. Sai, bisognerebbe stare più tempo insieme…» Garnet cominciò ad intuire.

«Mi piacerebbe…»

«Anche adesso siamo vicini. Molto vicini.» e Gidan cominciò a dirigersi verso il porticato che conduceva alle camere regali.

«Sei veramente sicuro? Possono passare altri mesi dal rivedersi, lo sai anche tu…che non possiamo diventare Re e Regina, se non al tuo ventesimo compleanno!»

«Io una volta ho sentito di un lontano regno, dove era tradizione, prima che i due regnanti si sposassero. Era un rito che portava fortuna.»

«Non era la stessa cosa… e poi se succedesse qualcosa… di imprevisto?»

«Sono pronto ad affrontare il rischio. E poi non farei mai nulla, se tu non fossi d’accordo.»

«Ma…» e Gidan si diresse verso la camera della Regina.

«Daltronde è anche una cosa… simbolicamente giusta.»

«Sì, non dico…»

Quando entrarono nella stanza da letto regale, Daga si persuase.

Li risvegliò il classico bussare alla porta. Non era possibile stare per un po’ di tempo da soli, che qualcuno veniva a disturbare. In realtà erano passate almeno otto ore dalla fine della cena, ed erano le sette e mezzo di mattina, orario in cui di solito la Regina di Alexandria era già sveglia. Si alzarono quasi lentamente, per non perdere la calma e non far troppo rumore. Quando Gidan si mise le galosce, si sentì oltre la porta:

«Regina, siete sveglia?» chiese la voce di Beatrix.

Consapevole di non essere presentabile, Garnet disse quasi urlando:

«Sì Beatrix, per favore aspettate qualche secondo!» chiedendosi poi perché non le aveva detto di andarsene. Gidan mise in moto la sua mente allenata e gli venne un’idea prendendo il corpetto con maniche di Daga:

«Stai ferma, e piega le braccia in verticale perpendicolarmente alle spalle. Un po’ più avanti… ecco così. Adesso al mio tre, aprile di scatto orizzontalmente più veloce che puoi.» Gidan cominciò a far roteare il vestito intorno alle braccia alzandolo sopra la testa di Garnet, lo prese alla base (uno…), poi lo tirò giù per il corpo (due…), e appena si vide la testa della regina uscire dall’apertura del collo disse:

«Tre, allunga le braccia!»

E Daga si ritrovò vestita senza nemmeno troppe sgualciture. Poi le venne un dubbio: «Dove hai imparato a farlo? E soprattutto… con chi?»

«Ehm… ti ricordi quel tizio a Lindblum che tre mesi fa interpretava cinque personaggi diversi cambiandosi continuamente costume in pochissimi secondi? Ero stato scelto come suo aiutante…» rispose Gidan non senza imbarazzo. Poi, aiutandosi con la coda si arrampicò sopra il letto a baldacchino vi si appiattì sopra, e fece cenno di aprire la porta.

Daga eseguì e simulando uno sbadiglio disse:

«Buongiorno Beatrix! Oggi non riuscivo a svegliarmi. Ieri è stata una serata… pesante.»

«Buongiorno Regina Garnet. La deve esser stata seriamente, per essere andata a dormire con il vestito da cerimonia.» osservò la shogun. «Spero che siate riuscita a convincere i nostri amici di non farsi vedere solo in occasione delle parate di pace. D’altronde è pur vero che hanno impegni nei loro paesi…» e lì si fermo per osservare il letto, che di certo non sembrava quello di una regina che si era appena svegliata dopo una serata di gala. Poi guardò il baldacchino, e vide una strana protuberanza pelosa che rientrava all’interno del montante di legno. Garnet cercò di inventarsi una spiegazione decente ma Beatrix sorridendo disse:

«Non è certo a me, che devi dar conto come… e con chi passi le nottate. So come ci si sente: è una sensazione davvero speciale. E sono contenta per te, come se fossi una mia sorella.» Con un misto d’imbarazzo e commozione, che aveva sempre quando Beatrix le dava del tu, Garnet riuscì solo a rispondere:

«Grazie, Beatrix.»

Chiusa la porta, Garnet si voltò indietro e vide Gidan seduto sulla finestra aperta a metà che si stava riavvolgendo i capelli nel codino. Vedendo la sua ragazza investita dalla luce del sole in quella veste candida, gli venne in mente una canzone che aveva sentito una volta in teatro che gli era piaciuta molto, e attaccò:

“Metti anche tu la veste bianca
E schiudi l’uscio al tuo candor!
Ove non sei la luce manca;
Ove tu sei nasce l’amor”

Quando finì gli disse:

«Salve, Regina.» con la miglior voce d’attore impostato possibile.

«Di solito i cavalieri si trovano a cavallo di chocobo, o di destrieri, non di una finestra.» precisò Daga per non arrossire. Poi continuò, più seria: «Sei sicuro di quel che fai? Andare alla ricerca di una spada in fondo al mare, nel posto dove c’era il passaggio per l’altro mondo?»

«Il pericolo è parte del mio mestiere cara. E poi te l’ho spiegato, credo che quell’arma stia meglio qui al castello o in mani dei Tantarus che in quelle di qualche pazzo con manie di conquista. E poi quando mi metto in testa qualcosa…»

«… è difficile farti cambiare idea lo so. L’ho imparato quando mi hai abbandonata per due anni per salvare tuo “fratello” Kuja. Io non ti ho rimproverato per quel gesto, e non te ne rimprovererò altri. Ma cerca di capire. Dopo questa notte, può passare altro tempo, prima di rivederci!» «Farò il prima possibile. Il mio compito è solo la discesa e l’aggancio dell’arma prima di tirarla su. Il lavoro difficile lo faranno gli altri ragazzi.» mentì Gidan. In realtà, il suo compito era di trovare la spada e di riportarla in superficie, tutto da solo. «In meno di un mese starò di nuovo qui con te.»

Poi si guardò per un attimo alle spalle e aggiunse:

«E poi lo sai: io ritornerò sempre. Questo, è il mio posto in cui ritornare.» e si lanciò dalla finestra. Daga corse poco preoccupata alla finestra, abituata a ben altre acrobazie pericolose del ragazzo, in tempo per vedere il nuovo prototipo di moto-volante che guidato da Blank aveva raccolto con precisione Gidan. Salutandola con le mani, i due se ne andarono spruzzando una copiosa nuvola di vapore acqueo. Solo quando furono spariti all’orizzonte Garnet disse con gli occhi lucidi:

«Ed io starò qui, ad aspettarti.»

I passi metallici ritmati presenti nel corridoio a quell’ora indicavano solo una cosa: il comandante Steiner, benché diventato un alto graduato ispezionava le ali del palazzo come un qualsiasi soldato Plutò. Passata la stanza della regina, tornò indietro (“ma continuano ad aggiungere stanze in questo corridoio?” pensò.) e bussò rumorosamente alla porta giusta:

«Regina Garnet, posso entrare?»

«Un minuto, Steiner!» rispose stavolta Garnet. Il letto era veramente in uno stato pietoso. Non era assolutamente presentabile al cavaliere, che ancora non sapeva dell’evoluzione del rapporto tra i due giovani. Ormai sveglia, Daga decise di usare una sua vecchia magia per risolvere il problema. Concentrandosi, una luce dorata inondò le coperte e i lenzuoli e diverse piccole ali d’angelo apparvero sui loro bordi. La regina con i movimenti delle mani, li spiegò, li rimise nell’ordine in cui dovevano essere messi sul materasso e poi con un rapido movimento, fece rientrare il tutto al suo posto. Soddisfatta del proprio lavoro, pensò:

«Mi chiedo perché in battaglia, lasciavamo che fosse Eiko a preoccuparsi delle magie bianche… vieni Steiner, puoi entrare adesso!»

Rigido nel saluto militare, disse impettito:

«Buongiorno Regina Garnet! Grande serata ieri sera! Siete poi riuscita a raggiungere un accordo con i nostri comuni amici?»

«Sì Steiner, per favorire la ricostruzione di Burmecia dovremmo aggiungere altre vetture Berqumea per favorire i trasporti di materiali. Ma per far questo, abbiamo bisogno di braccia forti. I tuoi Plutò sono disponibili?»

«Le squadre di ricostruzione e di restauro sono pronte a partire a mio comando.» «Mi fido del tuo giudizio, Steiner.»

«Giudizio! Una qualità che certo non mi manca! Beh, ora torno al lavoro, con permesso! » stava per ripartire, quando allungò il braccio, dando una lettera alla regina:

«Quasi dimenticavo! La principessina Eiko mi ha pregato di farvi pervenire questa!» Mentre i passi di Steiner si allontanavano, Daga iniziò a leggere la lettera.

Una volta finita di leggere, una espressione preoccupata accigliò il suo volto.

Mentre scendevano dalla moto per dirigersi verso lo Scenalante, Blank che camminava dietro Gidan notò una strana macchia scura sul collo di lui. Con tono malizioso chiese:

«Notte movimentata?»

«Senti…» iniziò Gidan.

«Sto solo dicendo che dovresti dire a Daga di fare con…»

«Stai zitto.» lo interruppe Gidan girandosi con aria ferma. Ma mentre rigirava la testa, Blank notò un sorriso sul volto dell’amico.


“oooook, chiedo scusa agli appassionati di lirica (magari esisteranno ancora…) per la mia citazione da ‘l’aurora di bianco vestita’ di Leoncavallo, la quale credo che sia più che appropriata in quel momento. Sono particolarmente soddisfatto per la riuscita di questo capitolo, e spero che continuerete a seguirla! Ne approfitto per ringraziare baby91, l’unica al momento, a supportarmi. E voialtri che cribbio aspettate? Sbrigatevi, se non volete arrivarvi a casa Batista e The Undertaker a casa (si vede che sono fissato, vero?) ;D!!!Alla prossimaaaaaaa!!!!”


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