[Fan Fiction] The Ultimate Weapon : Capitolo 19

“Ciancio alle bande!! Questo capitolo è molto lungo, quindi a dopo!!”


Dopo la singolare pioggia di pietre infuocate che letteralmente distrusse l’esercito dei mostri della nebbia, sul campo di battaglia rimanevano solo i due schieramenti umani. Gli enormi Zacmal erano inavvicinabili, per via della loro potenza animale e per via degli arcieri che montava in groppa, e con le loro zanne di bufalo sul volto sbaragliavano soldati su soldati. L’unico che riuscì un minimo a contrastarli era Steiner grazie alla sua esperienza, ma ormai era sfinito. E intanto Beatrix non si vedeva, e il suo stormo di Gryfon era fermo in volo senza sapere bene che fare. Davanti a lui comparve l’ennesimo Zacmal che colpì ripetutamente con le enormi corna, e il cavaliere che si proteggeva alla meglio. Se avesse avuto al suo fianco Vivi, sarebbe riuscito grazie all’aiuto della sua magia a eliminare direttamente gli arcieri che cercavano di colpirlo ogni volta che si avvicinava al volto della bestia. “Un momento” pensò. “Lanciano le frecce quando mi avvicino al volto?” Provò quindi a fare un movimento laterale per vedere fin dove arrivava la gittata degli arcieri. La bestia veniva girata a forza dal conducente che non riusciva a star dietro ai veloci spostamenti di Steiner, che con un ultimo scarto, balzò sull’animale e con un gran colpo, distrusse in mille pezzi la rudimentale sella di legno facendo cadere a terra i portantini e gli arcieri, che si videro cadere addosso la propria cavalcatura abbattuta dal secondo colpo del cavaliere. Ritto in piedi e inorgoglito della sua azione, passò all’attacco verso le prime linee, ma notò una cosa che aveva dell’incredibile: il loro capo, che aveva una muscolatura invidiabile, simile a quella di Amarant, avanzava lentamente nella battaglia, ignorando gli altri nemici che provavano a colpirlo. Ogni volta che lo faceva, infatti, egli li ribaltava con un abile mossa di combattimento, oppure deviava il colpo con una delle due scimitarre, ma non li uccideva. Muoveva il capo a destra e a sinistra, come se cercasse qualcosa. Sembrò averlo trovato, quando tenne fisso lo sguardo su Steiner e lo indicò con una delle sue due lame.

«Questa è una sfida! L’accetto immantinente!» fece Steiner gasato avvicinandosi.

«Sono Zerxex, signore della guerra e capo di questo esercito, il migliore che sia mai esistito.» si presentò il re.

«È perché mai muovete guerra contro di noi?»

«Perché anticamente gli avi dei vostri attuali sovrani ci hanno privato della morte, così come della vita. E per questo riceverete una punizione più dura della morte: la sconfitta per mano dell’invincibile armata del re della guerra, Zerxex!» esclamò, e sferrò l’attacco: i colpi del signore della guerra venivano inferti con una sapienza e con una precisione che difficilmente Steiner, non abituato a questo genere di corpo a corpo, riusciva a stargli dietro. D’improvviso gli vennero alla mente gli insegnamenti e gli allenamenti fatti insieme a Beatrix e soprattutto con Amarant e così riuscì a controbilanciare la contesa. Il combattimento era troppo frenetico per usare una qualche tecnica delle sue, tanto che durante un contrasto colpì con il guanto metallico una delle scimitarre nemiche che cadde a terra. Pensava di aver bilanciato lo scontro ma Zerxex gli diede un calcio con una violenza incredibile spedendolo lontano, e dalla mano fece partire una sfera bianca di pura energia che lo prese in pieno, rilasciando una forte esplosione magica. Se non fosse stata per l’armatura, lo avrebbe trapassato. Aveva già visto da qualche parte tale tecnica, ma non riusciva a ricordare dove, e usata da chi. Vide da sdraiato le sue truppe venire respinte e indietreggiare a vista d’occhio verso la staccionata di legno, verso la sicura sconfitta e lui non poteva far altro; due cariche da parte degli ultimi Zacmal rimasti l’avrebbero ridotta in frantumi. Vide il suo avversario guardarlo sprezzante e deluso per la veloce sconfitta di colui che credeva fosse un degno contendente. Ma improvvisamente il terreno tremò e si sentì un tonfo. Poi un altro. Un altro ancora più vicino. I colpi erano più sempre più vicini e il terreno vibrava ancor più forte, fin quando dal polverone sollevato dalla battaglia, uscì una figura gigantesca alta almeno sei metri e larga due, con la pelle verde i capelli blu: era vestito con delle cinghie azzurre con decorazioni dorate con dei pantaloni marrone, e aveva fissato al braccio una piccola ancora a due punte. Colpendo con quest’ultima, l’Hilghygas di Conde Petit sbaragliò le linee nemiche che subito presero a fronteggiarlo con gli Zacmal. Il gigante bloccò l’assalto fermando le due bestie con ambo le mani, quasi come se niente fosse. Non capacitandosene, gli arcieri su di essi cominciarono a colpirlo con delle frecce che non penetravano nella sua carne, ma gli sgusciavano via provocandogli dei fastidiosi graffi. Innervosito da ciò, circondò stringendo i colli dei due Zacmal con le braccia, e facendo leva sulle gambe li sollevò e li schiantò di schiena, sconfiggendoli. Lo schieramento di Zerxex era attonito e immobile dopo tale dimostrazione di forza. L’Hilghygas, fiero del suo “double suplex”, alzò il braccio enorme e fece un forte urlo di guerra e dal polverone cominciarono a spuntare delle enormi lame a forma di cinque punte, ma non si vedeva CHI le avesse lanciate. Improvvisamente camminando a grandi falcate, comparve una persona alta quasi due metri, con la pelle di una strana tonalità blu – bianca vestito anche lui con un corpetto di pelle, con barba e rasta rossi; nelle mani impugnava due guanti da guerra: il primo era composto da una placca a forma di rombo di color viola con una gemma blu dentro, e con uno spunzone sopra la nocca e l’altra, di colore azzurrino, aveva all’altezza delle nocche tre piccoli ingranaggi su cui erano installate altrettante gemme, che davano potere agli enormi artigli grigio metallizzati che partivano in avanti. Era Amarant, e a fianco aveva Lanì.

«Facciamo vedere a questi vigliacchi, chi è che sa come si combatte!» esclamò.

Alla sua carica e quella della donna, seguirono centinaia e centinaia di Gnoll, certi ancora in modalità “Vanish”, e alcuni Vice che si muovevano velocemente per tutto il campo. In mezzo vi era anche qualche uomo, in particolare uno con quattro mani e la cresta rossa che teneva due accette e due spade. I mercenari dell’uomo salamandra combattevano egregiamente, e molti di essi si occuparono di far riprendere e curare le poche truppe di Lindblum ed Alexandria rimaste. I rimasti bloccavano e neutralizzavano le strategie nemiche, utilizzando metodi semplici quanto efficaci. Lo stesso Amarant camminava nella battaglia colpendo a destra e a manca andando a segno ogni volta, evitando i colpi. In poco tempo, i combattenti nemici si discostarono da lui, creando un passaggio verso il loro re. Quando questi lo vide disse:

«Sembra che dopo tutto il mio retaggio, non sia andato perduto. Mi rattrista solamente non sapere da chi discendi di preciso.»

«Discendere?» chiese. Per tutta risposta il re si tolse la bandana, l’enorme foulard e la sciarpa protettiva dal collo. Amarant allora capì: di fronte a lui si parava un uomo con una corporatura praticamente uguale alla sua, non fosse stato per una più regolata distribuzione dei muscoli e il colore della pelle umano non da “salamandra”; gli occhi erano quasi del tutto nascosti dai rasta grandi come i suoi ma nerissimi, con un pizzetto del tutto simile al suo sul mento esile a punta. Non fosse stato per i colori, e per qualche accessorio in più, si sarebbe pensato che di fronte al re ci fosse la sua immagine riflessa un po’ più giovane.

«Vedo che hai anche l’arma appartenuta a mio zio… non mi stupisce vedertela in mano.» continuò il signore della guerra, quasi disinteressato dalla scoperta di quel suo pronipote.

«Chi siete voi?» riuscì solamente a chiedere Amarant che non voleva mostrarsi sorpreso.

«Siamo… o meglio, eravamo, un gruppo di nomadi mercenari di antichissima generazione, che grazie ai nostri utilizzi sul campo di battaglia siamo riusciti ad evitare che regni ben più giovani cadessero nella prematura distruzione. Dalla nostra ricchezza accumulata, abbiamo creato una florida città lontano dal continente che ora chiamate della nebbia e quello esterno. Lì ci evolvemmo praticando arti diverse da quelle della guerra, e per la vita pacifica che eravamo riusciti a conquistare, pensammo di rinunciare al nostro ruolo di guerrieri. Fin quando ci fu chiesto di combattere contro un’emergente città sciamanica: intuii che volevano sterminarli per convalidare non so quale loro tesi, e che non era certo intenzione di quei pacifici maghi usare le loro conoscenze a scopo malvagio. Allora analizzai i segreti di coloro che mi avevano avanzato questa richiesta: capii che venivano da un altro mondo morente e che si affidavano al flusso delle anime per evitare la loro distruzione. Saremmo stati mercenari brutali per centenni, ma non avevo intenzione di far ripartire il mio popolo in guerra dopo anni di pace per sterminare una civiltà pacifica: ci rifiutammo e per punizione, ci gettarono una maledizione. Per millenni non siamo morti, ma neanche siamo stati vivi, le nostre anime confinate dentro la nostra città distrutta da quel popolo e dalle loro infernali macchine volanti. Ma se ora abbiamo possibilità di vendicarci dei loro discendenti… allora li abbatteremo!»

«Non so chi ti abbia dato queste notizie, ma non ti permetterò di far loro altro male.» rispose smargiasso.

«Allora forse ho trovato un degno avversario con cui combattere.» rispose Zerxex mettendosi in guardia. Amarant partì all’attacco, e subito si accorse della superiorità del nemico: riusciva, con abilità e grande intelligenza ad alternare l’uso di una scimitarra a tutte e due. Le “Unghie runiche” nere di Amarant erano troppo tozze per sostenere uno scontro con delle lame, e quindi le usò per difendersi e per provare degli affondi, ma per l’attacco usò principalmente le nuove grigio-azzurre e Zerxex se ne accorse: sembrava quasi che sapesse dove andava a colpire, raggirando e parando ogni volta il colpo. Ma l’uomo salamandra, seppur più giovane e meno esperto, aveva anche lui le sue strategie. Dopo un contrasto, deviò con la mano aperta una delle lame, e con un forte colpo dell’altra, la piantò a terra di punta. Il braccio che Amarant aveva intenzione di mozzare con i nuovi artigli, si mosse rapidissimamente venendo solo ferito e sferrò un forte pugno sul volto dell’avversario, che fu costretto a indietreggiare. Mentre si puliva il rivolo di sangue uscitogli dalla bocca, notò che gli artigli ancora sporchi del sangue nemico, rientravano da soli nella posizione d’origine sopra il dorso della mano, e per quanto cercava di attivare il meccanismo, esso non funzionava.

«Sono anch’io discendente di quel sangue…e non penso che quell’arma possa farmi del male.» sogghignò il signore della guerra.

«La faccenda si fa interessante…» disse Amarant senza perdersi d’animo assumendo una posa da pugile.

Intanto in una rientranza della montagna vicina, due donne si scrutavano l’un l’altra: l’una con i capelli castano chiarissimi con dei boccoli alla fine, sembrava sconcertata e meravigliata, quella con i capelli più ricci e neri invece lo era di meno, ma nei suoi occhi risplendeva la luce della vendetta.

«Lylith? Sei davvero tu?» chiese Beatrix.

«Esatto. Pensavi che fossi morta vero? Sapessi che espressione hai fatto: e dire che eri te la guerriera senza rimorsi né pietà!» disse maligna la sorella.

«Non dire così, ormai non sono più come un tempo. Se avessi saputo che eri viva ti sarei venuta a cercare!»

«Ti saresti preoccupata per me? Bugiarda!» urlò improvvisamente «Sei stata tu a infliggermi questa ferita! Sei stata tu ad accettare senza remore quell’incontro! Entrambe eravamo povere, non c’era bisogno di duellare per stabilire chi doveva diventare shogun! Perché non hai rifiutato!?» «…» Beatrix non sapeva cosa rispondere. Aveva preso parte a quella sfida all’ultimo sangue a soli 14 anni contro la sorella più grande di un anno per stabilire chi sarebbe succeduto la shogun di Alexandria, morta in battaglia improvvisamente senza nominare successori. Tale rango era molto importante, e molti nobili tentarono di salire la scala che avrebbe portato alla carica. Ma due famiglie importanti, una di Toleno e una di Lindblum, presero come protette le due sorelle e all’insaputa delle altre contendenti che erano già state sconfitte, vennero convinte a duellare con i volti coperti da un casco per decidere la nuova shogun. Ma non a tutte e due dissero chi era la propria avversaria.

«Io non sapevo che eri te!» continuò la mora «Me ne sono resa conto quando ti avevo sfregiato il volto aprendoti il casco! Avrei vinto se non fosse stato per il fatto che ti avevo riconosciuta: sono scappata! Cos’altro avrei dovuto fare, eh? Ma la cosa che più mi ha assillato in tutti questi anni, è sapere che nonostante tu abbia quasi ucciso tua sorella, hai commesso le più terribili atrocità senza remore! Adesso ti farò provare la vergogna e il rimorso che ho provato per tutti questi anni!»

«Dunque è per questo che sei qui…» rispose a testa bassa «Sei venuta a rinvangarmi dei miei errori…mi avevano detto che ti avevo uccisa…che ti avevano fatto sparire…senza neanche una tomba dove implorare il tuo perdono…ho commesso sbagli imperdonabili per questo trauma. Ma io sono riuscita a superarli, tu no. E dunque è giunto il momento che ti convinca dell’errore della tua vendetta!» sguainò poi la Save the Queen. L’avversaria sguainò la sua spada, identica a quella della sorella se non fosse per i colori diversi: le stesse lame che simultaneamente sferrarono il colpo che pose fine alla contesa di anni prima. Beatrix perse l’uso di un occhio, Lylith uno sfregio poco sopra il seno, ma entrambe persero una cosa molto più importante: e per questo iniziarono a combattere. I loro movimenti erano esattamente uguali. Nessuna delle due riusciva a sovrastare l’altra, i colpi si succedevano eleganti e fluenti: il duello era spettacolare a vedersi, quasi come una danza, e la loro femminilità lo rendeva ancora più bello. Se Lylith, allora fosse riuscita a riconoscere da questi movimenti la sorella, e se quest’ultima avesse provato meno orgoglio, forse non si sarebbe arrivato a questo. Ma entrambe continuavano a colpirsi con le spade, quasi sfiorandosi con le mani. Dall’unico occhio lucido, Beatrix non riusciva a inquadrare come un nemico la sorella, mentre quest’ultima sembrava non avere problemi. Come non capirla? Ma sembrava che nel sangue, uguale al suo, gli scorresse una misteriosa forza oscura, che lei aveva rifiutato più volte accogliendo la magia bianca insieme alle sue micidiali tecniche. Entrambe eseguirono due “Estasi siderale” di seguito senza colpirsi, poi due “Tabula rasa” per poi ricominciare. Alla fine si scontrarono duramente, e rimasero ferme per diversi secondi interroppendo la danza. Poi entrambe lasciarono andare indietro una delle mani che teneva la spada e per un secondo si guardarono nuovamente negli occhi.

Zerxex non riusciva a crederci: nonostante il suo avversario non usasse più i pericolosissimi artigli armati, riuscì a colpirlo diverse volte, schivando ogni contrattacco. Amarant spesso chiudeva gli occhi, lasciandosi trasportare dagli spostamenti d’aria e dei rumori che l’avversario faceva ogni volta che sferrava un colpo. E ogni volta colpiva: al volto, al busto, alle lame nel tentativo di fargliele cadere. Dopo l’ennesimo colpo parato con ambo i palmi, Amarant eseguì un perfetto “drop kick” all’altezza del petto e ciò lo fece cadere a terra per la prima volta dall’inizio dello scontro. Il re però si alzò ridacchiando.

«Niente male davvero… quelle armi sembrano esser fatte proprio per te. Vorrà dire che anch’io dovrò usare al meglio le mie.»

«Che vuoi dire?» gli chiese.

Per tutta risposta, prese dalla cintura un pezzetto di metallo rettangolare, poco più lungo dei manici delle sue scimitarre: lo applicò alla punta delle else di entrambe, e con un sonoro scatto, diventò un’arma a doppia lama, parecchio simile all’Organix di Gidan. Le fece roteare per qualche secondo sopra la testa per saggiarne il peso e la manovrabilità, per poi far cenno ad Amarant di farsi sotto. Questi provò di nuovo ad attivare gli unghioni ma vide che non c’era nulla da fare. Non poteva colpire direttamente il nemico con quelle, ma ciò gli fece venire in mente un’idea. Mentre la pensava, però, era già sotto l’assalto delle doppie lame di Zerxex: parava e schivava e contemporaneamente cercò più volte di colpire uno dei manici originali delle spade ma il re o li occupava con le mani e quando vedeva arrivare il colpo le passava sull’altra estremità, oppure spostava il peso dall’altro lato. Dopo un colpo non molto forte, Amarant saltò indietro facendo finta di incassarlo, e mentre vide il nemico in procinto anche lui di saltare, gli lanciò prima una lama “Wing Edge” che fu abilmente deviata, e poi si concentrò rapidamente su entrambe le armi come aveva fatto per salvare Lanì, e la prima finalmente si riattivò facendo scattare in avanti gli artigli che furono in-globati da una luce azzurra splendente. Mentre Zerxex spiccava il salto, Amarant sferrò un colpo a vuoto e tre lampi di luce a forma di lama andarono a colpire Zerxex che si parò. L’arma non resse l’urto e si divise di nuovo in due, e addirittura una delle due scimitarre venne disintegrata da uno degli attacchi. Approfittò dello stato d’incertezza del signore della guerra per concentrarsi sull’altro tirapugni da cui partì una freccia magica tutta nera che colpendolo in pieno lo fece atterrare sconfitto. Anche Amarant atterrò, e cominciò ad avvicinarsi.

«Forza del cielo che sconfiggi gli impuri, dammi la forza!» recitò Beatrix.

«Potere del nulla e della morte, esci dal tuo padrone e vieni a me!» recitò Lylith.

«“SANCTA!!”» fece la prima.

«“DARKTO!!”» fece la seconda.

Le due magie di elemento sacro e di elemento buio si scontrarono nello stesso mo-mento, vorticando l’una dentro l’altra senza sovrastarsi. Il potere magico delle due donne era quasi equivalente ed entrambe mantenevano con sforzo la potenza di quegli incantesimi, specialmente Lylith poiché non era una magia che aveva avuto modo di usare spesso. La luce di “Sancta” accendeva il buio del “Darkto” e il buio di “Darkto” occludeva la luce di “Sancta”: quando entrambi gli incantesimi scoppiarono, quasi stufi della loro infinita lotta, le due sorelle vennero sbalzate all’indietro. Si rialzarono a fatica e continuarono la loro danza della morte. Le loro movenze, seppur rassomiglianti ad una danza sensuale, erano al limite dell’impossibile ed entrambe rischiarono di soccombere; la loro tecnica era uguale, forse Beatrix era più forte perché era più allenata, ma Lylith era spinta da una forza incontenibile. Avanzarono così senza sopraffarsi per più di dieci minuti, ed entrambe piansero per lo sforzo fisico e spirituale. Improvvisamente nei movimenti perfetti e ritmici della danza, entrambe sbagliarono, scontrandosi l’un l’altra. Si rialzarono velocemente tentando entrambi un colpo di lato all’altezza del collo esattamente come fecero anni addietro, ma stavolta erano più vicine. Non ci sarebbero state ferite sopra il petto e occhi accecati: solo teste mozzate. Ma a pochi centimetri dall’obbiettivo entrambe si fermarono. Rimasero così per diversi secondi nel capire cosa fare, ansimando di fatica. Poi gettarono entrambe le spade. Parlò inaspettatamente Lylith per prima:

«Perché non hai fermato il combattimento, sapendo che ero io?»

«… volevo tentare di proteggerti. Per quanti anni quando vivevamo in strada mi hai protetto dai ladri, dai banditi, prima che venimmo separate e prese in cura da quei nobili? Quando mi dissero che eri tu, non ho potuto rifiutare di scontrarti: volevo che sconfiggendoti, entrambi avremmo potuto vivere come avevamo sempre sognato. Pensavo che anche te sapessi che ero io la tua avversaria. E che ci saremmo scontrate alla pari, senza ucciderci. Invece… l’incubo di quella lotta che mi è costata l’occhio mi ha infestato tante di quelle volte… ricordo tutti i colpi che m’infliggevi con rabbia, con decisione, coll’intento di uccidermi… per un attimo pensai che volevi vincermi per una stupida quanto inesistente gelosia. Sei sempre stata migliore di me, dopotutto ed eri più grande. Decisi di non voler morire per tua mano e attaccai: non ho mai visto il colpo ferirti. E poi mi dissero che eri morta. Adesso hai avuto il coraggio di fermarti, e di dare fiato alla bocca e non alle armi. La nostra abilità è pari: se continuiamo finiremo per distruggerci a vicenda. Basta con le vendette, basta col rancore. Basta guerre. Siamo state ingannate entrambe.»

Lylith abbassò l’arma lentamente, dopo aver tentato con ogni fibra del suo essere di non cedere alla sete di vendetta, che gli era stata amplificata dai discorsi di Trivia.

«Hai ragione.» disse alla fine decisa. La sua espressione divenne serena e fiera, uguale a quella della sorella castana «Non so lì sotto cosa stia succedendo, ma ordinerò di smobilitare immediatamente. Sarà più difficile convincere quello Zerxex.»

«E chi sarebbe?» chiese Beatrix. Lylith glielo spiegò, tra la meraviglia e l’incertezza della sorella.

«E Trivia avrebbe detto che Eiko e la regina Garnet sarebbero discendenti degli abitanti di Tera? Ma se il loro clan è stato sterminato da uno di loro!»

«N-no, Trivia ha anche detto che stavate tentando di attivare una cosa chiamata “flusso delle anime” per non so quale obbiettivo.»

«Non è affatto così. Scusami poi, non hai riconosciuto Trivia?»

«In che senso?»

«Non hai riconosciuto in lui le sembianze di un’altra persona?»

«Non credo…»rispose dopo averci pensato un po’«Avrei dovuto?»

«Mai sentito parlare di Gidan Tribal?» chiese quasi con ovvietà la shogun.

«Sì, è l’eroe del “conflitto della nebbia”. Ma che centra?»

«Forse è anche per questo che non ti hanno nominata shogun… adesso ti spiego.» e Beatrix attaccò con la spiegazione. Tranne qualche sporadica domanda, la bruna sentiva la rabbia montargli in corpo per l’ennesimo inganno subito. Ora ogni traccia di vendetta e di odio verso la sorella era sparito con la nuova notizia.

«Cioè avrei servito un essere che vuole praticamente distruggere, anzi ridurre il mondo ad una massa simile a lui? Che gran figlio di puttana…»

«Dobbiamo fermare questo casino. Chiamiamo le nostre cavalcature e sbrighiamoci. Insieme.»

E insieme le due shogun si diressero a fermare la battaglia.

Dopo che Amarant spiegò anche lui la verità su Trivia a Zerxex e dopo che l’aveva accusato di servire dei malvagi, Zerxex diede ai suoi soldati l’ordine di cessare le ostilità e di ascoltare le spiegazioni dell’uomo salamandra.

«Stavamo per commettere un errore terribile. Stavamo per adempiere il compito che ere fa abbiamo rifiutato con riluttanza…se possiamo rimediare in qualche modo, ne saremo onorati. Chiediamo solo che dopo qualcuno ci faccia riposare in pace.»

«Bene, abbiamo un patto. Dobbiamo partire per il continente esterno. Può esserci bisogno di voi lì. Ci serve un mezzo però…»

E improvvisamente sopra il campo di battaglia comparve una sagoma blu con un inquietante cerchio rosso simile ad un occhio sullo scafo: era l’Invicible guidato da Mikoto. Zerxex salì a bordo con Amarant e Beatrix montò con Lylith. Dopo un’iniziale sorpresa reciproca, i quattro si misero d’accordo con la jenoma a riguardo del prossimo assalto: l’ultimo.


“ooook, forse ho fatto finire tutto un pò troppo bene, ma ci ho davvero messo il cuore a trovare una spiegazione valida all’occhio bendato di Beatrix e a creare una motivazione plausibile, così come creare Lylith (il cui nome è preso dall’indiana navajos moglie di Tex Willer), e non ho avuto coraggio di far morire una delle due. Zerxex in teoria doveva servire in maniera un pò più pratica alla fine, ma non volevo mettere troppa carne al fuoco. Il suo ruolo però sarà determinante per il prossimo capitolo! Passo alle risposte!

Linali San: perchè non ce lo vedi neanche a mandare un bigliettino? A me invece Gidan è sempre parso il classico tipo che è o troppo esplicito senza andare al punto, oppure troppo seriamente in fatto di donne e non sa mai come regolarsi. Infatti ho voluto mettere quel finale quasi spiritoso per spezzare un po’ l’atmosfera seria che si era creata. Spero che questa lunga battaglia a due ti abbia soddisfatto! La prossima, se possibile, sarà ancora più strabiliante!!! Un bacio!

Psyker: vedo che finalmente i miei sforzi stiano cominciando a fruttare: ovviamente ho scelto delle magie non troppo potenti e facili da descrivere, specialmente per non sminuire il ruolo determinante di Garnet nella liberazione di Gidan. Forse questo capitolo è un po’ troppo precipitoso, ma vedrai il prossimo!

Un “WOO!!” a tutti!!


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