[Fan Fiction] The Ultimate Weapon : Capitolo 16

Il fabbro fantomatico era all’opera da ore ormai per fabbricare da pietre semplicissime gemme scintillanti: le prese dal suo borsone, e v’inserì dentro ad ognuna delle gocce di sangue per ogni membro del gruppo, recitando una formula magica per ognuna.

«Freija, draghiera di Burmecia, possa il tuo sangue risplendere nello smeraldo, pietra sacra ai draghi; Eiko, evocatrice di Madain Sairi, possa il tuo sangue risplendere nella pietra lunare, pietra sacra a tutti gli spiriti; Steiner, prode cavaliere di Alexandria, possa il tuo sangue risplendere nel diamante, poiché esso rappresenta determinazione e fortezza; Quina, cuoca combattente del clan dei Qu, possa il tuo sangue risplendere nell’ametista, pietra che ingloba tutti gli altri colori; Garnet, o Daga, o come caspita ti chiami, possa il tuo sangue… a proposito, dove sei?» esclamò mentre prendeva una granata.

«COSA?!? NON DIRAI SUL SERIO?!» si sentì urlare da fuori Beatrix.

Tutti raggiunsero le due donne: una stava seduta a terra in un atteggiamento sorpreso e incerto con la bocca aperta e tremante di stupore. L’altra stava in piedi rossa con un sorriso fra la felicità e l’imbarazzo.

«Cosa diamine era quell’urlo? Principessa, cosa è successo?» chiese Steiner più spaventato di tutti. Daga andò a bersi un sorso d’acqua prima di rispondere a voce bassissima:

«S… in …nta…»

«Come?!» chiesero tutti all’unisono. Si schiarì la voce e ripeté:

«Ragazzi, fareste meglio a reggervi… sono incinta!» disse un’espressione fra la divertita e l’imbarazzata.

La prima reazione generale fu il silenzio di tomba, rotto solo dal “cra-cra” di un corvo di passaggio. Poi si scatenarono le più diverse reazioni: Steiner crollò di colpo con un gran frastuono di metallo, Blank calò la testa all’indietro e cominciò a ridere di gusto, Quina rimase a bocca più aperta del solito con il linguone penzoloni che ondeggiava lievemente, Freija non sembrava aver capito appieno e muoveva convulsamente la bocca senza emettere suono, Mikoto sorrise aprendo la bocca a trentadue denti forse per la prima volta in vita sua al solo pensiero di diventare zia, Eiko si mise a piangere e le gettò le braccia al collo. Solo Hades rimase impassibile:

«Ok, auguri e figli maschi, potresti ora darmi il tuo sangue?» fece privo di entusiasmo porgendogli la gemma rossa.

«Ahò, e fatte ‘na bella manica de ca…» incominciò Quina.

«…avoli tua.» terminò Blank ripresosi «Non dicevi di dover andare a modellare quelle pietre?» gli disse Blank indicandogli con gli occhi la porta.

«Va bene, va bene, basta che poi mi dia il suo sangue. Mi ci vorranno ore per applicarle alle armi! Senza contare la temperatura di fusione e di fissione…» fece Hades continuando a fare i suoi calcoli parlando da solo andandosene.

Garnet fu subissata di congratulazioni e di domande, senza che neanche riuscì a rispondere come si deve. Beatrix e Steiner rimanevano a terra, l’uno svenuto l’altra pietrificata. Quando il cavaliere si riprese, la shogun gli disse:

«Credo che non riusciremmo più a fermare i nobili a non farli sposare dopo questa notizia. Non che io voglia farlo. E tu?»

Beatrix si aspettò la solita risposta negativa ogni volta che parlava di quel “brigante” ma invece Steiner si alzò di scatto corse dalla regina spostando dal suo passaggio gli altri come una palla da bowling sui birilli, e strinse la strinse scoppiando nel suo classico pianto isterico:

«UOHOHOHOHOOOOO!!! LA MIA PRINCIPESSIIINA ASPETTA UN BAMBINOOUHOHOHOOOO!!!»

«Gh…Steiner… mi… mi stai… strozz…ando…» fece senza fiato la regina che venne mollata di scatto.

«Ma allora ciò vuol dire che non potrai partecipare alla battaglia! Se ti succedesse qualcosa…» «Lo so. Ricordiamoci che se Gidan ha contagiato me, il bambino potrebbe essere soggetto al controllo di Trivia. Mi dispiace, ma non posso proprio rischiare.» poi si accasciò su una sedia con il braccio sul viso, indecisa se piangere di contentezza o di disperazione «Mamma mia…» riuscì solo a dire.

Bang,bang,bang. Il fabbro colpiva con i suoi strumenti di precisione i minerali che si modellavano appositamente per essere applicate nelle loro armi: a forma di spunzone, di sfera, di anello, di lettera dell’alfabeto le scolpiva. Il calore, anche se minore di quando doveva fondere il ferro, lo faceva sudare copiosamente soprattutto per il lavoro certosino misto a quello di forza bruta che era costretto a fare; ogni tanto quando doveva raffreddare violentemente il minerale scolpito, soffiava al suo interno dalla bocca una spire magica piena di colori brillanti: era la sua impronta, ovvero ciò che permetteva all’arma di avere una coscienza quasi, e di comportarsi di conseguenza agli ordini del padrone. La maglietta nera che indossava lo proteggeva dalle schegge di minerale infuocato che ogni tanto spruzzavano dalle pietre. Una volta finito di scolpirle, passò alle armi finali: riprenderle in mano gli fece venire in mente davvero tanti ricordi. Ricordi di quando gli facevano i più sinceri complimenti per la passione che aveva messo per realizzarle, oppure delle critiche più numerose quando qualcosa non funzionava, critiche che lui era più che lieto di mettere a tacere. Decenni e decenni di fabbricazione, di fama e di gloria gli erano stati spazzati via da un essere malvagio e da una sua stessa creazione. Per questo ce la mise tutta nel dare a quei ragazzi immensamente più giovani di lui, delle armi che riuscissero in ciò che non aveva fatto addietro. Bang,bang,bang, colpì più forte nella parte riscaldata dalla fiamma violenta e concentrata che gli partiva dal dito indice per saldare la gemma all’arma. Ci mise relativamente poco, meno di ventiquattro ore per completare tutte le opere di saldamento. Non aveva perso la mano, ma era sfinito.

Nel frattempo il primo gruppo, Mikoto, Beatrix, Flatrey e Quera, era partito verso l’Abisso per fermare i nuovi movimenti di Trivia. Mikoto, disse di non avere bisogno di cambiamenti di sorta all’arma di Vivi, asserendo che le modifiche che aveva apportato personalmente allo scettro, le consentivano di utilizzarlo a pieno potere, anche se la sua perizia con la magia non era certo quella del mago nero. I ragazzi presero per la prima volta dopo tanto tempo le armi che li avevano aiutati a sconfiggere Kuja e Trivia stesso, e sentivano nelle mani un’enorme potere, non provato precedentemente.

«Ho apportato nelle pietre un sistema di trasformazione» spiegò Hades «Che vi consentirà di eseguire una “Trance controllata”: le vostre sembianze e i vostri poteri cambieranno e vi renderanno più forti, ma a differenza della Trance vera e propria non sarete soverchiati dalla rabbia e dall’ira, ovvero strumenti che Trivia può usare a suo vantaggio. Concentrandovi sulle gemme entrerete in questo stato che io definisco “Super Trance”; dopo averne usato i poteri, che comunque non sono perenni anche se più lunghi della trasformazione classica, sarete in grado di usare un attacco speciale che vi permetterà di usare il pieno potere dell’arma. Dopo averlo usato tornerete normali, quindi fate attenzione. Andiamo in uno spazio vuoto, così potrete provarli.»

Il gruppo si dispose a cerchio fuori da Madain Sairi in distanza di sicurezza, e attivarono le loro armi: tutti assunsero le loro sembianze di quando erano in Trance, ma erano investiti invece che da luci diverse.

«In linea di massima, le vostre armi sono ora sono in grado di evocare uno spirito legato all’arma che risponderà ai vostri comandi: farà il suo attacco più potente e poi scomparirà, proprio come uno spirito dell’invocazione. Provate.» esortò Hades.

Provò Quina per prima: dalla sua arma partì un flusso di acqua che incontrando il pavimento, fece creare dal nulla un grande lago di un liquido simile a quello marino ma stranamente denso: aveva sentito dire infatti che certe zone d’acqua avevano una tale concentrazione di sale, che i corpi umani non potevano immergervisi. Umani no, ma animali sì. Quina capì subito cosa sarebbe comparso da quelle acque, e consigliò ai compagni:

«Meglio che se spostamo…»

«Tranquilli, questi spiriti si attivano a vostro comando, non si avventeranno contro di voi. Guardate dentro.»

Tutti si chinarono dentro e rimasero strabiliati da ciò che videro: all’interno del liquido, vi era un enorme mostro simile a un polpo con la testa da calamaro che scrutava con il suo occhio nero la superficie.

«Scommetto, che er mio antenato se l’è magnato bollito con un po’ de paprika cò tanto de pomodorini di contorno!» esclamò Quina passandosi la linguona sulle labbra.

«Già, si dice che questo leviatano inghiottisse qualsiasi nave gli passasse vicino. Costruii la forchetta per quel Qu proprio per questo. Steiner tocca a te!»

L’evocazione del mostro sparì com’era apparsa e il cavaliere si mise al centro del campo. Alzò la spada in cielo e dietro di lui presero forma dei pezzi di armatura orientale: elmo, guanti, busto e spallacci, gambali, e una spada lunga e stretta, affilatissima. Lo spirito simile a un samurai fece un elegante inchino al cavaliere che rimandò educatamente iniziando a parlarci:

«Potente spirito cavaliere, ti ringrazio di essere venuto in aiuto di questo pavido guerriero, che ha bisogno del tuo aiuto per unire il suo umile gladio a…» e lo spirito muoveva la testa e gesticolava come se gli rispondesse.

«Costui, è il samurai Genji, fondatore della linea armature Genji famosa in tutto il mondo! Mi chiese di fabbricargli una spada orientale, ma ancora non ne capisco il perché, dato che ne aveva una di fattura ottima…Freija, prego.»

La draghiera avanzò tranquillamente, guardando stranita la figura spettrale che parlava con Steiner di bushido e di galateo. Si concentrò e poi mise la lancia in posizione orizzontale, in perfetta linea con il braccio esile: dalla figura a forma di testa di drago, più precisamente dalla bocca, uscì un fumo nero che si compattò nella figura mostruosa di Kokusho, che aveva già visto qualche giorno prima.

«Dunque, qui la cosa è un po’ più lunga: questo drago è…» iniziò Hades.

«Già lo conosco, grazie. Abbiamo avuto… maniera di incontrarci.» lo fermò la draghiera.

«Ah, bene. Allora l’ultima è Eiko… ma dov’è a proposito?»

Garnet che stava osservando l’esibizione, guardò in alto, e vide un essere bianco indecifrabile volare verso sud cavalcando una piccola tempesta di neve «È quello lo spirito dell’arma?» chiese. «Sì. Si chiama Rovharzzat: si diceva fosse il signore delle tempeste di neve. Il flauto lo usava un’antica seguace di Shiva per richiamarlo a se. E credo che Eiko lo stia usando per raggiungere gli altri.»

Mentre Eiko spariva alla vista, videro all’orizzonte apparire Beatrix che trafelata stava correndo verso di loro:

«Steiner! Dobbiamo subito tornare al continente della nebbia!»

«Cosa è successo?» chiese il cavaliere interrompendo l’evocazione.

«Mi è arrivata una lettera di Artemisio prima che arrivassimo da Trivia: un esercito di mostri sta per marciare verso la porta drago terrestre di Lindblum. Pare siano arrivati dal mare. Maestà, ho bisogno del vostro permesso per mettere in campo l’esercito.»

«Il permesso devi chiederlo a Steiner, è lui il comandante dell’esercito. L’esercito dovrebbe essere comunque pronto, giusto? Comunque sbrigatevi: Trivia deve aver intuito che stavamo tutti qui oltremare. Non abbiamo un idrovolante veloce, se avessimo usato l’Invicible per venire avremmo dato troppo nell’occhio. La nave è troppo lenta, ma è l’unico mezzo che abbiamo.»

«No, fermi. Non avrò il dono dell’ubiquità, ma posso raggiungere un posto molto velocemente. Ditemi dove dovete andare, e vi ci porterò in un attimo. Salite sullo scudo.» propose Hades facendo comparire il suo originale scudo rettangolare su cui era salito.

«Raggiungete prima Alexandria, che è più vicina e preparate le truppe in una posizione che possa bloccare l’avanzata nemica; nel frattempo andate da Cid e avvertitelo del pericolo, di modo che riesca a organizzare le sue truppe. Se occorre, portate il Red Rose: servirà per il trasporto.» «Agli ordini, maestà!» salutarono i due militari, prima che Hades sparì in una spire di sabbia che turbinando partì verso Alexandria.

Quera, Flatrey, e Mikoto rimasero a qualche chilometro dall’Abisso dei cristalli a discutere della situazione: la strategia inizialmente consisteva nell’intrattenere Trivia, e poi aspettare l’arrivo di Hades che aveva un piano per esorcizzare Gidan, e vedere se il semidio sopravviveva; in caso positivo, sarebbero intervenuti gli altri ragazzi a dargli manforte. Beatrix però era stata raggiunta dal moguri del sentiero di Conde Petit che lo avvertiva tramite lettera di un’invasione da parte di certi mostri al regno di Lindblum e quindi dovette precipitarsi con Steiner dal granduca Cid. Ma andare a sfidare Gidan posseduto in tre, comportava più rischi: Beatrix poi era senza subbio la più capace e potente, e senza di lei avevano poche possibilità di combatterlo ad armi pari. Che fare dunque?

«Andiamo dritti a morte certa. In tre siamo troppo pochi. Dobbiamo tornare indietro e fare un’altra strategia.» disse Flatrey laconico.

«Ma allora, chi ce và a combattece cò Trivia? L’unici che nun hanno combattuto cò Gidan, simo noi e Beatrice!» si lamentò la “maé”.

«Un’arma finale l’abbiamo, ma non so se basta. Ho avuto poche occasioni di usarla…» disse Mikoto osservando il suo scettro.

Ma prima che la Qu riaprisse bocca, gli arrivò addosso una sferzata di aria gelida: si sentì un lontano ruggito avvicinarsi e l’aria divenne più intensa; il terreno dinanzi a loro cominciò a ricoprirsi di un leggero strato di brina, nonostante facesse piuttosto caldo. Dal cielo discese come per magia un’enorme tigre bianca con gli occhi verdi smeraldo fumanti vapore, le zampe artigliate ricoperte da enormi cristalli di neve, le fauci con denti blu ghiaccio respiranti lo stesso vento che la faceva volare. E in groppa a questa creatura spaventosa, vi era Eiko con gli occhi spiritati. Quando scese, si scosse i capelli ed esclamò:

«Woo!!» esclamò cominciando ad accarezzare il bestione che incredibilmente cominciò ad emettere delle profonde fusa, strusciando l’enorme musone sul torace della bambina.

«Ehi, buono! Fai il solletico!»

I tre guerrieri erano stupefatti: già vedere una creatura felina volante sconosciuta al loro mondo volare in quel modo a terra, e fare le fusa come un qualsiasi gatto era insolito: ma che sopra di essa ci fosse Eiko era incredibile. Mikoto riuscì a chiedere:

«Ehm… cos’è quel… gattone?»

«Si chiama Rovy! Il nome forse era un altro e più lungo, ma a me piace di più questo! Piace anche a te, vero?» chiese all’enorme animale accarezzandolo. «Non mi va di stare con le mani in mano! Ho visto Beatrix tornare indietro, e senza di lei non potete farcela. Almeno potrò aiutarvi con le magie bianche! E poi se servirà, scatenerò la potenza del mio Rovy!» e a sentire il suo nome, la fiera emise un profondo ruggito, che sembrava di più quello di una pantera, prima di tramutarsi un una spire di neve e rientrare nel flauto di Eiko.

«Beh, adesso sì che va bene! E poi, ‘o sapete come se dice dalle parti mia?» chiese Quera.

«No, come?»

«“Chi va a Roma, perde ‘a portrona!”»

Di nuovo quella sensazione: di nuovo si svegliò legato a quelle strane forme amebiche nere che gli bloccavano le mani. Ora però sapeva dove si trovava:

«Trivia? Dove sei?» chiese.

«Dovunque…» rispose la voce del semidio. Questa volta comparve sotto forma del suo organismo ospite. Anche se rivedeva se stesso, Gidan fece fatica a riconoscersi: aveva la pelle incredibilmente cinerea, gli occhi erano di un verde spettrale, i capelli di un blu pallido, inoltre sembravano più alto e robusto; i vestiti non erano assolutamente rassomiglianti i suoi: sembrava di più a una di quelle divise da gala, con decorazioni di cattivo gusto, il tutto tendente al blu o al nero, solo i guanti a foggia mostruosa erano più sul grigio. Gli schinieri erano decorati con figure di serpente, e alla cintola pendeva l’Ultima nel suo colore cangiante dal blu mare al verde. Lo sguardo non era aperto e scoppiettante di vita, semmai era socchiuso e ripieno di…morte. «Non ho un bell’aspetto in effetti…» disse il Tantarus, cercando di non cedere al disgusto che gli provocava la vista di ciò che era diventato.

«Non sei mai stato meglio, in realtà. Mi stupisce trovarti ancora vivo.»

«Se non muori tu difficile… non morirò finché non capirò chi sei…»

«Hai capito già abbastanza, Gidan Tribal.» disse Trivia, cominciando a voltargli le spalle, non volendo sentire una nuova analisi del ragazzo.

«Sai, in tutto questo tempo ho…sognato. Anzi, forse ricordato. Il sogno si blocca quando ti svegli. Ho ricordato parte di ciò che sei stato. E ciò che hai intenzione di fare. Davvero vuoi sostituirti al dio del male, ammesso che esista?»

«Fidati, esiste. È anche per colpa sua se Gaya ha rischiato la morte. Se Garland avesse compreso prima il potere dei ricordi, non sarei arrivato a questo.»

«Garland? E che c’entra adesso Garland?»

«Lui doveva amministrare il flusso delle anime, e diventare il nuovo padrone di Tera, dopo la sua rinascita. Quando nacque, gli fu dato il compito di trovare il modo di salvare Tera. Iniziò quindi il processo di trasferimento delle anime. Gli ci vollero più di cinquant‘anni e un fallimento che rischiò la catastrofe, per capire che era troppo lento. Fu allora che comprese la natura dei ricordi. Peccato che non riuscisse a capire che si trovavano in una dimensione totalmente diversa, a differenza di Gaya. Alterandoli, era possibile cambiare la Storia dell’universo. Ebbe lo strano impulso di confidarmelo, decidendo invece di accelerare il flusso delle anime su Gaya scatenando una guerra, utilizzando te e Kuja come “angeli della morte”. Forse è questo che mi rese diverso dai miei simili addormentati e in attesa: acquisii una coscienza. Capii che se non potevo far desistere Garland, dovevo manipolare il flusso delle anime che voleva usare a sfavore dei Jenoma semplicemente diventando… colui che le manovra. Pensai che questo potere mi avrebbe permesso di arrivare persino al Mondo di cristallo… ci andai così vicino…»

«Al prezzo della tua umanità? E poi, cosa avresti fatto una volta controllato il flusso? O i ricordi?»

Trivia non rispose: la sua ricerca del dio oscuro, lo avrebbe fatto diventare come lui. Potente, immortale. Un dio, appunto. E poi? Che cosa sarebbe stato della vera gente di Tera che aspettava il momento? E quelle povere marionette senza anima? Perché mosse i passi verso quella ricerca che ben si allontanava dalla soluzione? Non seppe rispondersi.

«Tu non volevi diventare un dio: lo volevi sul serio uccidere, insieme ad Hades. Intento nobile: distruggere la malvagità dell’universo alla radice. Ma poi il desiderio di potere ti ha soverchiato. Ed ora che ce l’hai? Che cosa intendi fare? Creare un mondo privo di tutto? O un mondo che ti ricordi che razza di uomo potevi diventare, avendone avuta la forza?»

«Forse entrambe le cose… o forse nessuna delle due. Se l’universo perirà, morirò anch’io con esso. Se non perirà… diventerò più forte della morte e della vita stessa: deciderò IO dell’universo stesso! Deciderò IO cosa fare di questa patetica cosa che voi chiamate vita! Sarò IO a decidere…» «Per te stesso?» lo bloccò Gidan. E mentre lo sfidava, capì a quale rischio incombeva Gaia: o essere distrutta insieme all’universo e ai suoi ricordi, oppure rinascere in un mondo privo di ricordi, di vita… e di morte. Si aspettava che Trivia lo insultasse, che lo colpisse, che gli desse una morte lenta e dolorosa, ma mai si sarebbe aspettato quel che vide: il semidio lo guardò con uno sguardo che Gidan riconobbe come il suo. Lo sguardo di quando pensava di aver perso Daga, lo stesso che aveva quando si vide rivelare d’improvviso le sue origini, lo stesso di quando era risoluto nel combattere, lo stesso di quando si quando si esaltava nel fare uno spettacolare salto acrobatico: uno sguardo umano. Poi scomparve. E Gidan non svenne, né si addormentò. Rimase sveglio e notò che le catene magiche che lo tenevano fermo, iniziavano ad indebolirsi.

Trivia si svegliò da quell’attimo di sonno che gli era preso. L’ulteriore discorso che aveva avuto con Gidan, lo rese più risoluto nel suo disegno. Si alzò da quello che doveva essere uno dei troni del palazzo di Zerxex e discese un pezzo di scale, che davano al vuoto: aveva eliminato le restanti rovine dei piani del grattacielo, e aveva forato il fondo, e al di sotto di quello si vedeva l’abisso dei cristalli in tutta la sua bellezza: diresse la spada contro di essi e proclamò, più a se stesso che al mondo:

«Per tutti coloro che hanno avuto paura della morte… per tutti coloro che hanno tentato di ostacolarmi…e per te, Garland, che hai evitato sempre questa soluzione… è giunto, il MOMENTO!!» Dalla punta di ogni cristallo, cominciarono a fuoriuscire dei raggi color dell’arcobaleno, che torcendosi su se stessi andavano a confluire in un unico punto: la luce al loro interno cominciava a svanire, e lentamente divennero grigi. Dal punto di congiunzione, presero forma i contorni del Cristallo Originale, ma di un colore diverso, tendente al nero. Nero, come quello in cui Trivia era rimasto imprigionato. E lentamente si stava creando. Pensò di completare immediatamente l’opera, ma capì che aveva un’altra cosa da fare: vendicarsi. Dall’ampio muro vetrato che aveva dinanzi a se, vide un gruppetto di quattro persone rimanere sbalordite da ciò che vedevano. Ringuainò la spada, e decise di far andare avanti l’incantesimo per conto suo. Volò contro la vetrata, e rompendone una buona parte, arrivò all’esterno. Lentamente si diresse a terra, con le braccia leggermente divaricate: i quattro che aveva dinanzi a se si misero in posizione di combattimento. Improvvisamente, il pensiero di vendetta non era più il principale per lui. Decise comunque di combattere e di ucciderli: gli sareb-bero serviti in altro modo. Allargò all’indietro le braccia, chinò leggermente la schiena, e dalle mani partirono delle lame magiche viola, lunghe un metro ciascuna.

«Fatevi sotto!» disse.


“Bella come sorpresa eh? Dico che sinceramente ci voleva per smuovere un pò la situazione. Dunque, dall’ultimo discorso si capisce che Trivia stà perdendo il suo controllo su Gidan. Cosa vorrà dire? E riuscirà il nuovo quartetto a sopravvivere all’imminente scontro? Al prossimo capitolo, e aspetto i vostri commenti!”

Psyker: bè come penso tu abbia capito, do molta cura ai dettagli… e poi sì, la “baffo di drago” si trova effettivamente li. Ho deciso di descriverla il meglio possibile, per mettere in chiaro la sua vera potenza. Poi senti, ho sempre trovato naturale Amarant e Lanì, anche perché sono praticamente tutti e due uomini. Ti immagini Freija con Amarant?! Pensa cosa potrebbe uscirne fuori! Altro che fan fiction! Sono contento che ti piaccia il personaggio di Trivia, ho preferito renderlo carismatico e non mellifluo come Kuja proprio per differenziarlo. Alla prossima!


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