[Fan Fiction] DN-Angel : Capitolo 3: Squall Leonhart

Rinoa, dalla terrazza del Garden di Balamb guardò il centro ricerche di Esthar, mentre tutto il C4 piazzato all’interno faceva il suo lavoro. Non capiva. Non avevano trovato lui, ma in compenso c’era quel ragazzo, Squall Leonhart. Poteva giurare di averlo già visto e non solo: in qualche modo, sentiva che loro due erano legati da un sentimento molto profondo. Eppure, nonostante la sensazione, poteva anche giurare di non conoscerlo. Sospirò; c’erano molti, troppi punti oscuri. Quel ragazzo, arrivato praticamente dal nulla, l’aveva turbata. Durante il viaggio di ritorno aveva chiacchierato ininterrottamente con Zell del più e del meno. Il suo compagno, a cui non gli era parso vero di aver trovato qualcuno che ascoltasse le sue scemenze e rispondesse con altrettante scemenze, non era stato zitto per un secondo. Erano arrivati al Garden con una piccola emicrania.

Tuttavia, varcati i cancelli dell’accademia, Squall si era fatto improvvisamente serio e silenzioso. Se ripensava alla sua espressione pensierosa, Rinoa sentiva il suo cuore battere più forte e il calore sul volto le tradiva il vivace rossore che avevano preso le sue guancie.

Si riscosse e rientrò nel Garden. Si diresse in infermeria, dove la dottoressa Kadowaky stava sottoponendolo a degli esami. Le ci volle molto autocontrollo per non scoppiare a ridere, quando vide Squall con la faccia ed il torace ricoperti da ventose. Sembrò accorgersene e le lanciò un occhiataccia.

“Non ridere, ti prego…” implorò. “È già abbastanza imbarazzante così…”. La ragazza si ricompose e gli sorrise.

“Tenterò” rispose. La dottoressa scrisse qualcosa sulla sua cartella clinica, poi tirò i fili delle ventose, che si staccarono con un suono secco.

“Ahia!” esclamò alzandosi. “Mi ha coperto di succhiotti, dottoressa!”. Rinoa, guardando il suo corpo, rimase allibita. Sul corpo aveva un sacco di cicatrici. Non doveva essere la prima volta che lo facevano prigioniero. La dottoressa Kadowaky confermò i suoi pensieri.

“Con tutte quante le cicatrici che hai, ti consiglierei di imparare a difenderti, per lo meno” disse. “I corsi sono aperti: parlane con il preside e sono sicura che ti darà una stanza”. Lui scosse la testa e sorrise, indossando la maglietta.

“Grazie, ma non mi fermerò per molto” rispose. “Non voglio che vi succeda qualcosa”.

“In che senso, scusa?” chiese Rinoa, senza capire. Squall si fece serio, dando alla ragazza un’altra misteriosa scossa al cuore.

“Credo che sulle mie tracce ci sia un assassino” rispose. Lei sussultò. Lui. Non poteva essere nessun’altro. Senza tante cerimonie lo prese per un braccio e lo trascinò fuori, ignorando i richiami della dottoressa e le proteste del ragazzo.

“Chi ti da la caccia?” chiese, una volta nel corridoio. Lui incrociò le braccia e riflettè.

“Non ne sono sicuro” rispose. “Ma posso dire con certezza che è un assassino. Delle volte, mi capita di sentire un forte dolore alla testa e quando riprendo i sensi, attorno a me vedo solo cadaveri e laghi di sangue…ma non so dirti chi è”.

“Può essere solo lui” borbottò Rinoa. Squall non capì.

“Lui?”.

“Da qualche tempo è comparso un assassino” spiegò. “Nessuno sa dove sia, che faccia abbia o come si chiami, ma ogni volta che avviene un genocidio, la sua firma è evidente. Noi lo chiamiamo semplicemente ‘lui’. Ti posso garantire che, se non ti ha ancora ucciso, deve avere un obiettivo in mente”.

“Comunque sia” disse lui. Sorrise e tese la mano. “Non ci siamo ancora presentati”.

“Sì che lo abbiamo fatto” obiettò lei.

“No. Come si deve, intendo”. Lei rise e gli strinse la mano.

“Beh, che posso dire” disse. Arrossendo leggermente e grattandosi la testa. “Mi chiamo Rinoa C.Heartilly, ho diciassette anni e sono una dei pochissimi SeeD Gunblader al mondo. E non ascoltare quelli che ti dicono che sono la migliore della scuola”.

“Perchè, non è vero?” chiese lui. “Io credo che tu abbia le capacità per diventarlo”. Lei arrossì, lusingata. “Ad ogni modo, io sono Squall Leonhart, ho diciassette anni. L’ultimo posto che ricordo mi pare fosse Winhill. Non mi piace combattere e non ho mai preso un’arma in mano in vita mia”. La ragazza sorrise, divertita dall’innocente ingenuità di quel ragazzo. Improvvisamente, l’orologio al suo polso suonò. Il ragazzo lo guardò e sorrise.

“Ops! Sono in ritardo” disse. Lei non capì.

“Sei in ritardo per cosa?” chiese, incuriosita. Lui sorrise e corse via.

“Segreto…” rise, correndo. Rinoa scosse la testa e sorrise nuovamente. Tuttavia, guardandolo correre, la sensazione di averlo già visto si fece più intensa, tanto che lo chiamò.
“Squall…senti…” disse. Lui si volse e la guardò con occhi incuriositi. “Sei sicuro che non ci siamo già visti?”. Lui fece nuovamente quell’espressione seria. Era strana: come se non volesse far trasparire niente di ciò che provava.

“Non credo proprio” rispose lui, con voce grave e bassa. Si riscosse e, come la volta precedente, fece un sorriso forzato.

“Mi raccomando, diventa la migliore!” disse, prima di correre via.

“Ma che bisogno c’è che dei SeeD diplomati come noi seguano ancora le lezioni?” borbottò Selphie, annoiata, trascinandosi verso il banco e lasciandosi cadere sulla sedia. Rinoa sorrise, sedendosi accanto all’amica. Prima che potesse rispondere, l’insegnante di magia entrò, seguito da un ragazzo nuovo. La Gunblader non potè non arrossire quando vide Squall Leonhart con la divisa militare della SeeD. Gli stava maledettamente bene addosso: lo faceva…bello, ecco. Pregò che Selphie non si accorgesse del rossore intenso che le aveva invaso il volto, mentre lo guardava dire il suo nome a tutta la classe, condendolo con un sorriso.

“Sono stato recuperato durante una missione da una squadra di SeeD e così ho pensato di frequentare il corso di magia. Piacere a tutti” concluse. Zell era al settimo cielo, Irvine e Seifer espressero la loro solidarietà con un contenuto sorriso, mentre Selphie si volse verso Rinoa.

“Dì, ma non trovi che sia carino?” chiese. “Al centro ricerche non me n’ero accorta, ma…ehi, tutto bene?”. Accidenti, l’aveva beccata. Com’era prevedibile, l’amica la guardò per qualche secondo con occhi confusi, poi un sorriso furbetto fece la sua comparsa. “Vedo che non sono l’unica a pensarlo”.

“Ma finiscila!” esclamò lei, con un sorriso, cercando di non tradire il fatto che Selphie ci aveva azzeccato. E la sensazione che tra loro due c’era qualche cosa di molto profondo non accennava a diminuire.


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