[Fan Fiction] DN-Angel : Capitolo 10 : La vera Rinoa

Cinque giorni dopo avergli chiesto di far parte della sua squadra, Rinoa capitolò. Anche se il rapporto tra lei e Squall era tornato più o meno quello di prima, non riusciva a liberarsi dal fastidio che provava nel vederlo con Ellione. Doveva mettere le cose in chiaro e chissà perché le venne in mente che l’unico modo era uscire insieme almeno una sera.

La sua mente formulò questa soluzione apparentemente da sola, nel mezzo di una lezione di calcolo balistico.

“No, impossibile!” esclamò, scattando in piedi. La classe la guardò zittita ed il professore si volse verso di lei.

“Ha…qualcosa da aggiungere, signorina Heartilly?” chiese il professore, con aria scocciata. La ragazza divenne rossa come un pomodoro e, facendo uno sforzo sovrumano per non guardare Squall, si scusò e si sedette, facendosi piccola piccola. Una sottile e soffocata risatina arrivò dal banco di Ellione. Pochi secondi dopo, il telefono le vibrò nella tasca. Guardò di nascosto lo schermo e per poco non le cadde il cellulare.

-che hai visto?-

Era da parte di Squall. Si volse verso di lui: teneva gli occhi fissi sul professore, attento e concentrato, mentre reggeva il telefonino da sotto il banco.

-Come diavolo hai il mio numero?- digitò lei, prima di spedire e di voltarsi verso di lui. Il ragazzo lesse il messaggio, sorrise, poi nascose nuovamente la mano sotto il banco e, pochi secondi dopo, il telefono di Rinoa vibrò nuovamente.

-me l’hai dato quando mi hai chiesto di far parte della tua squadra; meno male, dato che siamo troppo lontani per i bigliettini- rispose. La ragazza sorrise e rispose al messaggio.

-Beh, in effetti è un bene: questo corso è veramente noioso! Comunque nulla, ho solo pensato una cosa-.

-accidenti; per farti reagire così devi aver pensato come minimo al supremo norg nudo!-. Rinoa si coprì di scatto la bocca e ridacchiò per qualche minuto prima di rispondere. Fu particolarmente piacevole scambiare messaggi con Squall. Si sentiva bene al pensiero che aveva fatto qualcosa di così intimo con lui.

-Senti, dopo le lezioni ti posso parlare in privato?-. Prima che si rendesse conto di ciò che aveva scritto, premette il pulsante di invio. Guardò Squall di sottecchi, pregando che non gli arrivasse.

Il ragazzo lesse il messaggio, che ovviamente arrivò, ed aggrottò le sopracciglia. Mise il telefono in tasca e, proprio in quel momento, trillò la campanella. Rinoa si alzò e raccolse le sue cose. Quando sollevò lo sguardo, si ritrovò davanti Squall.

“Hai da fare a pranzo?” chiese, sorridendo. Lei sussultò sorpresa, mentre il viso si colorava di rosso.

“Pe-perché?” balbettò. Lui fece una spalluccia.

“Mi sembrava che tu dovessi parlarmi” rispose. “E poi, è ora di pranzo: non hai fame?”.

“Senti, Squall…” mormorò Rinoa. “Quando mi hai invitato a pranzo, io pensavo che saremmo andati in mensa…”.

“Nah” declinò lui. “L’unica cosa buona sono i panini e per averne uno bisogna prenotarlo con tre giorni di anticipo”.

“Ho capito, ma abbiamo lezione oggi pomeriggio!” esclamò lei. “Perché siamo venuti a Balamb a mangiare?!?”.

“Non hai mai bigiato?” chiese lui incredulo. “Rinoa, non credevo che la tua vita fosse così triste!”. L’arrivo della cameriera impedì alla ragazza di mollargli un pugno.

“Allora: dimmi tutto”. Rinoa aveva sperato fino alla fine che Squall non dicesse queste tre parole. Si sentì improvvisamente fragile, talmente fragile che per un attimo ebbe l’impressione di essere nuda. Posò la forchetta e prese un bel respiro, desiderando il suo Gunblade accanto.

“Senti, io non so cosa mi sta capitando” disse. “Da quando sei arrivato, per me è cambiato tutto. Quella sensazione di cui ti ho parlato non accenna a diminuire, anzi: si fa sempre più forte ogni giorno che passa. Io vorrei non pensarci e continuare a vivere come prima, ma non ci riesco. Certe volte arrivo anche a credere che nulla di ciò che mi circonda sia vero!”.

“Spiegati” disse Squall ascoltandola seriamente.

“Mi sento…come se dipendessi da qualcuno…come se non fossi in grado di difendermi da sola…o non volessi. Ogni tanto mi sento come spaventata dalla mia debolezza” disse lei.

“E per questo che ti comporti così?” chiese lui. La ragazza non capì.

“Così?” chiese. “Così come?”. Squall si rilassò e sorseggiò la sua bibita, prima di rispondere.

“Come una persona che si vergogna di sé stessa” rispose. “Il tuo carattere sprezzante, il tuo modo di fare da maschiaccio, ed il fatto stesso che hai scelto di padroneggiare un’arma come il Gunblade fanno chiaramente pensare che tu voglia dare al mondo una te stessa fittizia, per mascherare la vera Rinoa”.

“Cioè, io mi vergognerei di me stessa?” ringhiò la ragazza, scattando in piedi. “Io sono molto fiera di me”.

“Non fingere” disse lui. La sua voce era stranamente tranquilla. “Non con me: ti ho osservata per troppo tempo e non mi incanti più”.

“Cosa?”.

“Eh già” sorrise lui. “Ti osservo dalla prima volta che mi hai trattato freddamente. Sei sempre disponibile ed affabile, tranne quando una persona si interessa a te: in quel caso cerchi di allontanarla”.

“Cos’è, mi fai da psicanalista?” chiese lei, incrociando le braccia. Lui sospirò.

“Ti è così difficile fidarti delle persone?” chiese. Rinoa si volse a guardarlo negli occhi: ci teneva, glielo leggeva in faccia. Non gli faceva pena, né compassione: sembrava anzi capirla. “Se proprio non ti fidi di chi ti circonda, prova a fidarti di me”.

Rinoa scappò via. Non poteva sopportare oltre le parole di quel ragazzo. Prese una strada e corse, fiondandosi nelle viuzze di Balamb. Si nascose dentro un vicolo e si appoggiò al muro per riprendere fiato. Si accasciò a terra ed abbassò lo sguardo.

“Torniamo?” chiese una voce sopra di lei. Era Squall. “Sono più veloce di quello che sembro” aggiunse, rispondendo allo sguardo che gli lanciò. La ragazza scosse la testa.

“Vai tu” rispose. “Io rimango qui ancora un po’”.

“È fuori discussione” rispose lui. “Se vuoi stare sola, mi metterò dall’altra parte della strada e non ti parlerò. Starò lì fermo anche per tutto il giorno, ma scordati che io ti lasci qui”.

“Ma insomma, perché?” sbottò lei. “Perché mi osservi? Perché vuoi cercare di aiutarmi? Perché fai così il simpatico? Tanto con me non attacca: da me non avrai nulla di tutto ciò e lo sai! Perché fai così?”.

“Beh, perché sono un tuo amico” rispose. “E poi, per stare vicino ad un’amica bisogna per forza avere un secondo fine? Se non mi vuoi, basta che tu me lo dica ed io non ti parlerò più”.

“NO!” esclamò lei. si alzò di scatto e lo spinse contro il muro dietro Squall.

“Ahia, ok! Ma vacci piano…”. La sorpresa gli fece morire la frase in gola. Rinoa si era aggrappata alla sua giacca e tremava. La grande e forte Rinoa Heartilly, una dei tre Gunblader, che tremava contro la sua giacca.

“Non…non farti venire strane idee” mormorò lei, rossa come un pomodoro. “Sono…ehm…inciampata, ecco! Sono solo inciampata”. Gli occhi le cominciarono a lacrimare. “E mi sono fatta male ad un piede: non sto piangendo!”. Squall sorrise.

“Ne sono sicuro” disse. “Se ti sei fatta così male, piangi pure: non lo dirò a nessuno”.

Rinoa nascose il viso contro la sua giacca e pianse. Pianse silenziosamente, ma pianse. Pianse perché era confusa, pianse perché quella sensazione le diceva che in realtà lei era debole. Ma soprattutto pianse perché si sentiva felice. Ed innamorata.

Confusa, debole, bugiarda, ma felice ed innamorata.


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